In questo periodo dove i contenuti originali made in WWE alternano innovazione a noia pura, spunta in modo quasi salvifico “The Last Ride”, una docuserie che sostanzialmente copre gli ultimi anni di carriera di Taker, partendo dal match di Wrestlemania 33 contro Roman Reigns e proseguendo, presumo, sino all’inizio di questo sciagurato 2020. Una serie che ha un valore molto, molto particolare per gli appassionati di wrestling di medio/lunga data.

Per capire Taker ed il suo valore assoluto dobbiamo partire dal concetto di Keyfabe. Abituati ad una fruizione moderna del prodotto wrestling, dove le storyline più interessanti sono talvolta proprio quelle dove realtà e finzione finiscono con il mescolarsi in modo indistinto, il concetto di keyfabe è qualcosa di astruso, desueto, quasi ridicolo per certi versi. Eppure non è sempre stato così, anzi.

In un tempo neanche lontanissimo in cui i wrestler erano una sorta di inner circle, un club privato ed esclusivo fatto da uomini legati da una sorta di accordo non scritto, la kayfabe are la base fondante del wrestling: è un concetto noto, ma va sottolineato in modo particolare quando si pala di Taker. I babyface e gli heel non potevano in nessun momento essere visti assieme, il concetto di “predeterminazione” del wrestling era qualcosa di inesistente, nascosto, affidato agli atleti che si approcciavano a questa disciplina a volte mesi dopo l’inizio degli allenamenti, i personaggi interpretati andavano vissuti, dentro e fuori dal ring: la differenza tra character ed interprete era labile, evanescente, talvolta inesistente. A volte l’attitudine ed i vizi del character dipinto divenivano quello dell’uomo, rendendo questi personaggi aggressivi, intimidatori, estremi sotto certi punti di vista e soprattutto esperti custodi di un segreto prezioso, la keyfabe appunto. Violarla voleva dire tradire e prendere soldi dalle tasche dei propri pari.

Il mondo del wrestling è cambiato in modo definitivo a partire dall’arcinota Attitude Era, dove il velo davanti al palcoscenico è stato gradualmente aperto sino a far divenire il backstage parte dello show stesso. Questa epoca ha segnato un cambiamento non solo nell’interpretazione del wrestling ma anche la sua fruizione, sino al definitivo abbattimento del 4th wall con l’avvento dei social, dove l’accesso nelle vite dei wrestler è passato dall’essere uno spioncino ad una finestra vera e propria. Nulla è più segreto, nulla è più protetto: ora la sorpresa e la magia sono definitivamente state superate in modo forse anche troppo frettoloso per certi versi.

Nessuno ha avuto la longevità di Taker in WWE. Lottatore a cavallo delle due epoche, con la protezione estrema, maniacale, certosina del suo personaggio (sino a qualche anno fa non vi era traccia di lui su internet e sui social, non concedeva interviste, non rilasciava dichiarazioni di nessun genere) è riuscito a creare una carriera leggendaria agli occhi dei fan, facendo sempre e comunque funzionare il character di un becchino zombie nella seconda metà degli anni 2010. Un’impresa che solo lui avrebbe potuto compiere.

Da qualche anno lo si vede comparire di tanto in tanto per qualche intervista, il suo profilo social è decisamente più attivo e la serie a lui dedicata è il preludio all’ultimo, grande capitolo della carriera del più grande professionista di tutti i tempi. La conversazione circa “il miglior wrestler” è soggettiva e legata a parametri differenti (drawing power? In ring work?), ma quando parliamo di dedizione e professionalità, nessuno può essere messo sullo stesso livello di Taker: probabilmente un gradino sotto ci potrebbe essere solo Cena.

Esemplare in qualsiasi ambito legato al wrestling, i suoi pari parlano di lui come di nessun altro. Il capo, il leader, il capitano che è sempre e comunque il primo ad imbracciare le armi, lo standard a cui tendere per definirsi un vero wrestler: a Taker il rispetto non è stato regalato da nessuno, piuttosto è stato costruito mattone dopo mattone a furia di bump, lavoro, esemplarità, ustioni di secondo grado ed infiltrazioni nelle ginocchia. E quanto deve essere stato difficile guadagnarsi questo rispetto, soprattutto all’inizio.

Si perché se ci pensiamo bene, una delle cose che più fa arrabbiare i wrestler è il no-sell da parte dell’avversario. Colpire la persona con una delle tue mosse migliori ed osservare una totale assenza di “effetto” può essere frustrante ed in alcuni casi pericoloso, in quanto la mossa non è più protetta o credibile. Eppure con Taker questo problema non vi è mai stato: il no selling era sostanzialmente alla base del suo character e, nonostante ciò, vi è sempre stata una tremenda dose di rispetto nei sui confronti. Un vero e proprio caso di studio, un phenom nel senso più stretto del termine.

La cosa più bella di questa prima puntata non è stato solo il focus sullo stato fisico e mentale di Taker, ma alcuni dettagli circa la relazione con Vince McMahon. Sin dai racconti circa la notte dello screwjob (Taker che costringe Vince ad un confronto con Bret Hart prendendolo praticamente di peso) era chiaro che tra i due vi è un legame che va ben oltre quello tra dipendente e datore di lavoro: non vi è nemmeno paternalismo (come vi era ad esempio con Bret, HBK, Stone Cold), ma l’impressione è quella di un Damyo (un feudatario dell’epoca Edo) ed il suo Samurai.

La notte in cui Taker viene portato in ospedale (la fine della streak) Vince molla tutto per seguire l’ambulanza, mentre al termine dell’incontro con Reigns nel ME di WM33 la prima domanda che Taker fa al Chairman è “Are you happy?”. L’orgoglio nell’essere il primo dei soldati, il più fedele, quello disposto a dare la vita, figuriamoci la streak, per il suo “signore” è qualcosa di nobile, altissimo e meraviglioso: il rapporto tra i due è a tratti commuovente e sono sicuro che verrà molto approfondito nel corso delle prossime puntate. Orgoglio, dedizione, autolesionismo: in Deadman in questa serie sembra ancor più potente mostrando le sue fragilità umane.

Bene, credo che scriverò nuovamente qualcosina al termine della serie: nel frattempo sono curioso di raccogliere le vostre opinioni ed impressioni.