Ho appena finito di vedere Young Rock. Una serie raccontata da The Rock in persona, anzi da Dwayne Johnson in persona, che racconta quella che è la sua vita attraverso interviste e comizi datati 2032, nei quali, l’ex campione WWE, corre per diventare presidente degli Stati Uniti d’America.
No. Non è una semplice autocelebrazione. O almeno non solo. The Rock con questa serie mette al centro di tutto una cosa soprattutto: la famiglia. Ora, non voglio stare qui a farne una recensione, non ne sono esattamente in grado, posso soltanto dare il mio parere, ed è un parere francamente positivo, perché ciò che ho visto è un qualcosa di divertente, che non si prende troppo sul serio e può, soprattutto, far capire come le difficoltà esistano anche quando si ha qualcosa in più degli altri, e come la famiglia, che questa sia intesa come famiglia vera e propria o come comunità nella quale si vive, sia sempre importante per chiunque.
Una delle cose che però mi ha fatto pensare di più, fra storie che parlando della sua vita, delle scuole superiori, del Football e della sua carriera sfumata, e del Wrestling, è stata la situazione nella quale si trovò sua nonna, Leah Maivia, a un certo punto della sua vita. Leah Maivia è la nonna materna di The Rock, la madre di Ata e la moglie di Peter Maivia, leggenda del Wrestling samoano e polinesiano in generale, che dopo la morte di suo marito per un male incurabile, si ritrovò a portare avanti il sogno della sua metà ormai passata a miglior vita: il Wrestling.
Leah Maivia non era certo una lottatrice, non era nemmeno una che amava andare in scena. Leah Maivia era una Promoter, la più importante alle Hawaii e in quell’oceano pacifico punto continuamente da lembi di terra sparsi qua e la. Lo era in un momento critico del mondo del Wrestling, l’inizio degli anni 80. Un periodo che non è soltanto un vespaio di compagnie e Promoter che organizzano Show in tutto il territorio degli Stati Uniti e nelle sue simil-colonie, ma anche il periodo nel quale, Vince McMahon, decide di espandersi e di espandere con lui la World Wrestling Federation.
Nella serie, che naturalmente può essere anche romanzata in certe fasi per scopi cinematografici, si da grande spazio a quella che fu l’angoscia di Leah, e che probabilmente fu anche di altre decine, forse centinaia di Promoter: la mancanza dei lottatori. Quando un Promoter organizza uno Show, infatti, ciò che fa è ingaggiare i lottatori e pagarli per il loro Match. Il problema che nacque in quegli anni però, fu una lancia nella schiena di tutti coloro che erano abituati a poter, senza problemi, creare le loro storie e i loro spettacoli.
Oltre a Vince McMahon infatti, con il quale non c’era alcuna speranza di competizione, un’altra serie di Promoter decisero di seguire le orme del padre padrone dell’oggi WWE tentando di costruire parallelamente il loro impero. Come? Firmando contratti in esclusiva. Mai errore fu più grave.
Mai errore fu più grave perché in quel preciso istante, tutti i Vince Wannabe non facevano altro che uccidere gli altri piccoli Promoter come Leah, e condannarsi a loro volta a morte, seppur dandogli una data futura, un po’ più in la nel tempo. L’interscambio di talenti avrebbe giovato a tutti e forse, nonostante l’avvento della WWF, anche altre decine di compagnie avrebbero potuto sopravvivere. Greg Yao, il personaggio che rappresenta i sognatori dai sogni impossibili, porta via a Leah diversi lottatori, facendogli firmare un contratto in esclusiva e lasciandola con una schiera di Wrestler sempre più esigua, visto anche l’avvento di Vince McMahon e dei suoi Show al Madison Square Garden, ai quali nessun lottatore poteva o voleva dire di no.
Insomma come sempre ho cercato di estrapolare, da una serie che il Wrestling lo tratta esattamente come il Football, o come far il cinema in futuro, una storia che possa far capire un’epoca, un periodo, un passaggio storico della nostra disciplina. Senza ombra di dubbio Vince McMahon fu un visionario e la sua idea, messa in piedi per prima e aiutata da un lascito famigliare non indifferente, lo avrebbe portato comunque al grande successo, ma la collaborazione nei bassi fondi, con tutta probabilità, avrebbe potuto mantenere vivo il sogno di tanti, un sogno che invece per tanto tempo sarà monopolizzato dalla WWF, che darà il via, oltre che alla razzia generalizzata, anche all’agonia di NWA e AWA, e che sarà combattuta più di 15 anni dopo soltanto da un altro uomo, anzi due, che insieme potevano essere paragonati a Vince McMahon, ma che alla fine, nonostante tutto, falliranno nell’intento.