Cambiano i tempi, cambiano le cinture, cambia la musica, cambia il pubblico. Non è un trattato di filosofia, tranquilli, ma una constatazione degna di una noiosa conversazione in ascensore con il vicino di casa, applicata alla WWE. Anche se il titolo dell’editoriale potrebbe essere fuorviante, e magari lo è davvero, uno degli argomenti più caldi che questo mese ci ha consegnato è stato indubbiamente la gestione del titolo WWE.
La gestione dal punto di vista del fan, come me, come noi, che “soffre” il campione part time e, invece, preferirebbe la più rassicurante presenza di un wrestler presente attivamente nel roster da gennaio a dicembre. Pietra dello scandalo lo scorso anno, The Rock (gioco di parole implacabilmente voluto), oggi Brock Lesnar.
Chi si strappa i capelli, chi grida allo scandalo, chi incolpa The Rock e Brock Lesnar delle scadenze delle tasse di fine mese, ma è davvero così scellerata come scelta? Me lo chiedo come fan, non come ammistratore delegato della WWE. Non mi interessa minimamente l’apporto che certe mosse portano in termini di soldi, ratings e merchandising venduto. La storia di Lesnar la conoscete benissimo, poteva essere una leggenda vivente della WWE, ma ha preferito altro.
Se torno alla WWE tra il 2002 e il 2003, Vince McMahon all’epoca aveva trovato il diamante grezzo cercato da una vita e affiancandolo al non troppo stimato, dai McMahon, Paul Heyman aveva fatto doppiamente centro. Adesso 2014 con poche apparizioni è entrato di diritto nella storia, Undertaker mandato in pensione e John Cena mai così annichilito in un main event. Boom!
Faccio un altro passo indietro. Quando ho iniziato a seguire il wrestling, in tv, i ppv erano appena quattro l’anno; il tempo per costruire una faida era enorme, la televisione intesa come media era molto diversa da adesso, internet era fantascienza e la concorrenza era pressoché nulla. Poi arrivò la WCW con Nitro e soprattutto Eric Bischoff che per mettere alle corde la WWF, fece la mossa dei dodici ppv annuali. Uno standard seguito dalla WWE che garantisce almeno uno special event il mese, dalla defunta WCW fino alla sua chiusura e inseguito dalla TNA come punto di arrivo di un percorso di crescita.
Questo per dire che il “si è sempre fatto così”, nello sport entertainment ha avuto anche degli “schiaffi” che hanno portato rivoluzioni nel modo di usufruire del prodotto. Oggi sono convinto che Lesnar campione stia dando risultati in termini di miglioramento dello show, anche per solo per il “buzz” che crea sui siti internet come il nostro, per esempio.
Alla fine chi ha vero talento e non presunto, alla fine emerge sempre. Non sarà certo Brock Lesnar a tarpare le ali a Seth Rollins, chi pensa questo dovrebbe rivalutare la sua scala di valutazione dei talenti. Se Sheamus dopo tanti anni, titoli mondiali, è nella posizione che è adesso, è colpa di chi? Della WWE che deve tenere basso il livello del roster a scapito dello spettacolo? Perdonatemi, ma non riesco a concepire una cosa del genere. Meglio un The Rock oggi, che un The Miz domani. Wrestlemania XXVII insegna.