Per nostra fortuna e per fortuna di tutti i fan del mondo, la lotta professionistica non è una cosa che è sempre appartenuta soltanto agli Stati Uniti d’America. Il Giappone e il Messico, su tutti, hanno avuto uno sviluppo praticamente parallelo a quello nord americano per quanto riguarda il Professional Wrestling. Non sono gli unici, però. Seppur con qualche anno di ritardo, in terra argentina, c’era un qualcosa che assomigliava moltissimo alla famosa World Wrestling Entertainment o alla National Wrestling Alliance. Qualcosa di sgargiante, esuberante, cartoonesco. Qualcosa che si chiamava Titanes en el Ring, o Titans in the Ring, a seconda di quale idioma voglia essere utilizzato.

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Erano infatti il finire degli anni 50, quando un uomo di nome Martin Karadagian, ebbe l’idea di mettere in piedi uno Show di Wrestling che potesse attirare l’attenzione delle folle e trasformarlo, lui e il resto della sua crew, in una stella.

Non fu facile, né breve. Ma con sforzo e lavoro duro, riuscì a dare alla luce, nel 1962, allo spettacolo che avrebbe avuto una vita lunga più di vent’anni e avrebbe infestato le televisioni di tutto il Sud America e Porto Rico, fino al 1983.

Nel bel mezzo del successo però, quel Martin Karadagian che possiamo considerare in America del sud come Hulk Hogan, André the Giant, Jim Crockett o addirittura Vince McMahon in America del nord, ebbe un “piccolo” incidente di percorso, qualcosa di grave, inaspettato e che rischiò di seppellire per sempre la sua creatura.

Nel 1970 infatti, Martin stava vedendo un suo importante progetto venire alla luce. La sua idea era stata quella di costruire una grande palestra in Argentina per crearsi la propria scuola di Wrestling, con la quale poi sfornare atleti fatti in casa e farli diventare delle stelle durante Titanes en el Ring. Purtroppo per lui però, il caseggiato, la cui costruzione era in dirittura d’arrivo, ebbe un crollo. Fortunatamente non ci furono vittime ma l’ingente investimento era andato in parte a donne di facili costumi. Per questa ragione, Martin, affrontò gli ingegneri che avevano sulle spalle, secondo lui, la responsabilità del crollo.

Dal canto loro però, gli ingegneri si rifiutarono di farsi carico del grande problema e a loro volta affrontarono Martin a muso duro, per sapendo bene, benissimo, di chi fosse la colpa. Il conflitto verbale divenne ben presto qualcosa di più, e il Promoter, senza pensarci troppo, tirò fuori una pistola e sparò.

Era disperato, e la disperazione portata da una vita a fare sacrifici e a coltivare un sogno quasi spezzato, lo portarono ad affrontare le facce menefreghiste e indifferenti di quei ricchi ingegneri con la violenza. Sbagliò Martin, senza ombra di dubbio, ma se ci si immedesima in lui, si può capire per quale ragione fosse arrivato a un gesto cosi estremo: sentiva su di se il peso del fallimento, che per giunta, non era colpa sua.

Tutto questo lo portò all’arresto e al giudizio. Fu condannato a 2 anni di carcere per ciò che oggi in Italia definiremmo omicidio preterintenzionale, anche se l’arma, a dirla tutta, Martin ce l’aveva con se. Però si sa, il Sud America, allora ancora più di oggi, spesso chiudeva gli occhi davanti alla detenzione di armi da fuoco e un tentato omicidio o un omicidio volontario, potevano trasformarsi in qualcosa di più leggero. Fortunatamente per lui la detenzione non si prolungò, poté uscire dal carcere e continuare con la sua creatura, che per altri dieci anni avrebbe dato spettacolo nelle TV latinoamericane.

Titanes en el Ring, seppur non conosciuto dai milioni di fan che oggi seguono la WWE, la AEW o il resto delle compagnie d’America, rimane un pezzo di storia. Uno Show che ha saputo, in anni difficili e in territori che lo erano altrettanto, ritagliarsi il proprio spazio, ficcandosi prepotentemente nelle menti di coloro che, dopo aver scoperto la disciplina, si sono riversati verso il Wrestling moderno, quello tutto luci e colori dell’America del nord, del Giappone, del Messico. Una piccola grande compagnia che grazie alla visione di un uomo è diventata grande e basta. Peccato non fosse da un’altra parte, Martin, magari adesso staremmo parlando di un innovatore, uno scopritore di talenti o di un grandissimo Promoter, proprio come Jim Crockett o come Vince McMahon.