Non che sia una informazione rilevante, ma iniziai a scrivere di wrestling nel 2005, il motivo non fu per l’esplosione di popolarità che la WWE aveva avuto qualche anno prima nel nostro paese, ma perché ero talmente entusiasta di vedere AJ Styles e Christopher Daniels ogni settimana in TNA, da non riuscire a trattenermi dal dire la mia. All’epoca tenevo una rubrica, ma qui si parla di preistoria, dal titolo “Angel’s Wing”, tale era la mia ammirazione per i due atleti e la compagnia di Nasville.
Questa premessa per dirvi l’emozione con cui ho vissuto la trattativa, i rumors, il debutto alla Rumble, il match a Wrestlemania e il main event di Payback, parteggiando per il “mio” AJ Styles. Styles ha rappresentato per larga parte della mia vita di appassionato di wrestling il mio animo ruggente e alternativo alla mentalità comune del John Cena di turno o del prodotto da multinazionale: era il mio pasto salutare contro l’hamburger di McDonalds che prendeva la forma di slogan quali “Never give up”. Insomma, è stato uno dei motivi per cui, anche in momenti bui della mia vita, ho trovavo la forza per accendere il computer e vedere una puntata di Impact, nonostante tutto.
In WWE, prima di questa nuova Era, si sono contati più fallimenti che successi per chi veniva da esperienze formative extra Stamford e ripenso con nostalgia a Chris Hero. Ma oggi non è mia intenzione sviolinare complimenti a chi sta facendo bene, perché è sotto gli occhi di tutti. Raw funziona, forse come non mai, ma come ogni cosa non è perfetto.
Merito principalmente del desiderio di non limitare la filosofia di NXT a un contenitore isolato dal resto del progetto, ma renderlo la colonna portante di tutto. Ok, tutto bellissimo, lacrime, abbracci e Nakamura.
Si, ma poi vedo il main event di Payback. Sono cresciuto a pane e overbooking, quindi, per carità, lascio perdere la gestione dell’incontro e che diavolo, anche il risultato, ragionandoci un attimo ha discretamente senso. Rimango letteralmente basito dalla incapacità di adattamento di Roman Reigns a quello che un livello di psicologia in-ring necessita in un main event di un pay-per-view. Ho fatto pace con me stesso e accetto il fatto che Roman non è Shawn Michaels e mai lo sarà, ma la confusione che ha dimostrato a Payback è allucinante.
La confusione che vuol dire non essere stato capace di gestire alcune fasi dell’incontro, quale, per esempio, il suo essere face, lottando per grande parte dell’incontro da heel o presunto tale. Perché ero molto confuso anche io nel giudicare cosa stavo vedendo.
Non posso nemmeno accettare la teoria del “la WWE ha provato Reigns heel”, perché non è così; il campione face che esce da Wrestlemania deve avere una collocazione netta nel booking, cosa che poi si è rivelata essere così nel momento in cui lo abbiamo visto disperarsi per troppa onesta, poco dopo essersi lasciato andare ad atteggiamenti non proprio da beniamino dei bambini, assestando una serie Powerbomb assassine. Che poi sarebbe anche la sua collocazione più naturale, ma questo è un altro discorso.
In sintesi, sono sinceramente preoccupato, non tanto sulla gestione della cintura che da un punto di vista squisitamente tecnico negli ultimi mesi ha previsto passaggi interessanti, ma sulle capacità di Reigns di detenerla e occupare una posizione nella card, che ritengo letteralmente un furto. So di avere una visione parziale, come tutti noi, della reale situazione, ma a queste condizioni il turn heel non è solamente gradito, ma necessario per non svilire tutto il resto del roster, all’altare sacrificale di questo tizio che mi lascia basito come mai prima.