Era il 4 gennaio 2010, l’alba di una nuova sfida. Impact in prima serata, concorrente di Raw. Attesa ed eccitazione, debutti e ritorni. La WWE pretese l’abbraccio di riconciliazione tra Bret Hart e Shawn Micheals, propose un sontuoso match di coppia tra la DX e i Jerishow, costrinse Hart ad un feud con Vince McMahon. La TNA rispose con Jeff Hardy, la NWO riunita, Eric Bischoff, AJ Styles vs Kurt Angle per il titolo. Spettacolo signori, spettacolo. Raw arrivò ad un 4.4 di ratings, la TNA si affacciò ad un buon 1.5 con punte di 1.9 con Hogan sul ring. Spettacolo.
Poi il decadimento generale, il passaggio cruciale delle MMA che attireranno molti tifosi di wrestling, e tanti tanti casini. La TNA non terrà fede alle premesse, la WWE deciderà di chiudersi in se stessa smontando e rimontando la sua con immensa stanchezza. Non basterà rivedere The Rock, Brock Lesnar, Bill Goldberg. Non basterà fare razzia nelle indy, inventarsi stable o Authority. Non basta perché la gente vuole svegliarsi solo per Wrestlemania – nemmeno per la Road to Wrestlemania, ma solo per il ppv. Le tre ore di Raw sono lunghe, piene di riempitivi, spesso scritte male e senza fantasia. Gli ascolti calano, i ratings calano. Si stabilizzano: 1.98 – e USA Network che ingoia il rospo perché legata da un contratto, ma dentro freme e vuol costringere la WWE ad andarsene e puntare tutto sul network. Il pubblico da casa non risponde perché non incentivato, e non è un problema di volti. La caduta libera con l’addio di CM Punk e Daniel Bryan, le nuove leve sono preparate ma non bucano il video. Alla fine un Kevin Owens fa meno di un Roman Reigns campione, e allora qualche domanda sorge spontanea.
Eppure… eppure qualcuno, dall’altra parte, sale. La concorrenza non parte da Orlando ma è interna. Smackdown infatti, dalla divisione dei brand che avrebbe dovuto vederla svantaggiata, ci sta guadagnando tantissimo. Non si tratta di uno show diverso dal passato: sempre le solite storyline mediocri, a tratti frizzanti, a tratti noiose. Cosa cambia? Gli interpreti. Mai come in qquesto momento lo show blu ha un roster adatto alla bisogna, con un talento smisurato in fase avanzata dove pure un onesto worker insospettabile come James Ellsworth può ottenere notorietà in mezzo al lavoro enorme delle due punte AJ Styles e Dean Ambrose. Un feud trainante sostenuto dal miglior Miz degli ultimi anni, da una categoria tag fresca e piena di combinazioni, e da alcuni ritorni che riescono a spostare l’asse delle cose. L’ultima puntata segna un rating di 1.95, a poca differenza dallo show rosso. Una sorpresa? No, lo show blu sta sorprendendo in positivo da mesi e lo slegarsi gli ha dato dinamicità che prima non poteva avere.
Non succede, ma se succede? Se Smackdown dovesse superare gli ascolti e i ratings di Raw? Sarebbe un evento incredibile, al passo coi tempi e costringerebbe, irrimediabilmente, la WWE a cambiare piani e ridurre l’efficacia dei blu. Sempre che il pubblico decida di seguire il trend: una volta fidelizzato, il fan potrebbe comunque decidere di vedere uno spettacolo, costringendo la WWE a farsi autoconcorrenza e incentivare la visione dei due programmi.