La ECW è tornata, lunga vita alla ECW! Chissà perché avevo il vago sentore che col ritorno di Rob Van Dam, Impact Wrestling sarebbe andata a pescare proprio dal passato per catturare nuovo pubblico. Non una brutta idea, sia chiaro. Forse un po’ abusata, ciclicamente. Forse vista e stravista, in tutte le salse, come se rimescolare le vecchie star sia un modo per tenere alta una bandiera. Don Callis e Scott D’Amore vincono, agli americani queste cose piacciono da morire.
Il continuo rimembrare la ECW però sta via via facendo svanire il suo fascino. Le ragioni sono pressapoco due: la compagnia è morta circa vent’anni fa; i suoi wrestler o hanno o vanno per i 50 anni, con una struttura fisica decadente e un cardio da far piangere i polli. La nuvoletta della federazione estrema sta sparendo, sarà facile dimenticarla. È parte di un’altra era, con un altro pubblico e altri riferimenti. Chiaro che a Tommy Dreamer, Sabu e RVD faccia piacere ricordare i bei tempi che furono, il pop che si prendono ogni volta sta lì a testimoniare che facciano bene. Ma sanno fare solo quello? Sono solo quello?
Essere parte di un progetto è una cosa bella, ma può essere limitante. I tre sopracitati appaiono come quegli attori di successo di una serie tv che nella loro vita vengono visti solo ed esclusivamente in quella maniera. E quando escono dal personaggio che si sono costruiti, floppano. Così sono destinati a ripetersi, ripetersi, ripetersi di anno in anno con una costanza stanca, poco produttiva. Il mondo è andato avanti, è stato costruito tanto intorno, ma quei tre sono rimasti legati ad un unico modo di proporsi. Il rispetto è sempre dovuto, ma alla lunga passa anche quello. Forse vanno bene per i nostalgici, ma sono ridotti ad una nicchia neanche tanto appassionata.
Alla fine cosa dovrebbe rappresentare questa stable? Io la vedo così: un nuovo tentativo di polarizzare il main event da parte di vecchie stelle che dovrebbero farsi da parte. Invece a prenderle sono i giovani, quelli che dovrebbero essere lanciati, che dovrebbero rappresentare il nuovo, il presente e il futuro. Moose, Josh Alexander e Ethan Page risultano invece delle vittime sacrificali e probabilmente, se l’idea verrà mantenuta nel lungo periodo, non saranno le uniche. Ovviamente la speranza in qualcosa di nuovo rimane, ma l’esperienza ci dice che il caro Rob Van Dam non accetterà mai di jobbare facilmente a chi ritiene (da che pulpito?) inferiore alla sua storia.