Nelle ultime settimane, Tony Khan ha reso ancora più chiara la via che la AEW sta seguendo. A dargli manforte sono stati diversi membri del roster (Danielson e Moxley in testa). La compagnia va verso un futuro legato più al lato sportivo del wrestling. Non disdegnando il lato d’intrattenimento, ma non facendone un punto focale dei propri show.
Dunque si torna un po’ agli albori della AEW, abbracciando come modelli quelli della NJPW, della NWA e della ECW. Un esempio lo stiamo vivendo da tempo con l’avvento del Continental Classic. Un torneo per certi versi fine a se stesso, che non sta – per ora – costruendo storyline ma solo tanti solidi match da guardare con piacere. Qualcosa di molto assimilabile ai Climax di natura nipponica, magari da ripetere nel corso degli anni.
È una scelta giusta o sbagliata? La risposta non arriva in maniera netta. È certamente una scelta coraggiosa. Va in una direzione completamente differente rispetto alla WWE in un contesto, come quello televisivo americano, dove il lato sportivo è stato talvolta messo da parte per dare spazio a tante chiacchiere. E siamo a pochi passi da una nuova firma contrattuale che può significare tanto per il futuro.
La domanda ideale è: la AEW perde qualcosa da questo passaggio? Attualmente no. I fan televisivi sono sempre quelli, si viaggia tra gli 800 e i 900 mila telespettatori. I ppv continuano a superare sistematicamente i 130 mila acquisti. In live ci sono meno spettatori, ma non vanno mai sotto le duemila presenze. Senza tutta la pubblicità degli esordi e l’effetto novità. E battendo sempre gli stessi luoghi.
Nella pratica, non sappiamo se è una scelta giusta o sbagliata. Sappiamo che non ha dato alcun scossone. Sappiamo che la compagnia ha raggiunto una posizione tale, una nicchia di spettatori tale da potersi permettere di prendere strade diverse. Per continuare ad essere una alternativa a quello che i fan di mezzo mondo vedono da tanti anni.