Analizzando l’intero PLE, andato in scena in terra canadese sabato scorso, è inevitabile tracciare uno spartiacque, tra chi ne è uscito migliorato, e chi peggiorato, da questa esperienza. Procediamo con ordine, e prendiamo in considerazione la parte che Smackdown ha svolto in questo evento, partendo dal primo match in questione: Il Money in The bank ladder match. Io avrei pronosticato la vittoria di Jey Uso, o tuttal’più desiderato quella di LA Knight. Invece, la valigetta vinta da Drew McIntyre, nonostante tutti si siano impegnati a dire che fosse attesa, non me la sarei mai aspettata. Ciò per un motivo, e cioè che, lo scozzese, di questa valigetta, non ne aveva affatto bisogno. Ce l’aveva invece Jey, che si sarebbe profilato come futuro credibile campione dei pesi massimi. Come ce l’aveva Knight, bisognoso come mai prima d’ora di un rilancio netto e chiaro, senza il quale, la sua carriera, non potrà mai svettare. Per cui, la “briefcase” a Drew è uno spreco, e lo è ancor di più visti i tempi di incasso immediati, bruciando di fatto l’opportunità di investire i prossimi mesi in questa narrativa. Capisco che, ai fini dello storytelling, e del triangolo Drew\Punk\Seth, questa scelta si sia rivelata ottima. Ma, come i comici che, per amor di una battuta si venderebbero la mamma, così Triple H, per amor di questa storyline, si è venduto la valigetta.
Il match femminile, a tratti migliore della sua controparte maschile, ha visto trionfare Tiffany Stratton, confermando, stavolta, le aspettative di tutti. Ma se la vincitrice è la bionda, chi ne è uscita più malconcia è Chelsea Green, osannata dal suo pubblico canadese. Questa WWE ci ha abituato a non premiare i beniamini di casa, e non ha fatto differenze neppure con Green, concedendole qualche spot comico (sapientemente interpretato), ma non la vittoria finale. Penso che darle questa opportunità non sarebbe stato un errore, viste le potenzialità del suo personaggio, e il fatto, spesso trascurato, che la Green è un atleta coi fiocchi. Tiffany ci sarebbe arrivata comunque all’apice in WWE, con o senza questa valigetta. Quindi, se di certo questo non è stato uno spreco come nel caso di McIntyre, è stata probabilmente una scelta poco coraggiosa. Infine giungiamo al Main Event, e per far ciò saltiamo il match per il titolo intercontinentale (peccato per la sconfitta pulita di Breakker) e per il titolo Mondiale (l’errore del mancato kick out ha penalizzato la parte conclusiva del match, meritevole di un plauso generale).
Qui la WWE mi ha stupito; La vittoria “pulita” di Solo Sikoa, sul campione Cody Rhodes, non era così scontata. Aveva, sì, bisogno di una medaglia importante in vista di SummerSlam. Ma non necessariamente di uno schienamento così “pesante” su Cody. E invece, qui, la Compagnia ha mostrato coraggio, sacrificando l’aura di imbattibilità del suo personaggio principale, in favore del suo prossimo sfidante che, senza questa vittoria, avrebbe penato per risultare credibile. Qui tutti promossi, con specifico riferimento alla Bloodline: Jacob Fatu ha finalmente avuto modo di mostrare le sue qualità. Tama Tonga, sul ring, si conferma una certezza, e Solo Sikoa riesce nell’impresa di non sembrare una caricatura mal riuscita del precedente Capotribù. Spiace per Tanga Loa, che forse per la pressione psicologica, ha “sbagliato” il primo low blow. Loa, al suo secondo intervento in PLE, commette il secondo grave errore. Purtroppo tenerlo fermo ai box non ha aiutato, e l’idea di farne uno special enforcer in giacca e cravatta neppure. Ma il voto generale è comunque ottimo. Triple H (o chiunque ne sia artefice con lui) mostra di avere grande coraggio in situazioni delicate, facendo “All in” e mostrando di averne tutte le ragioni. Inoltre, caratteristica di questi ultimi PLE, è senza dubbio l’imprevedibilità. Gli show sono perfettamente curati, in ogni minimo particolare, dimostrando che, non solo per l’eco mondiale che questa WWE è migliore della precedente, ma anche per qualità e contenuti.