Sono stato minuti a fissare l’immagine che accompagna queste righe prima di iniziare a scrivere sulla tastiera del mio portatile, cercando di comprendere ogni luce e ombra che definisce il suo volto in questa istantanea. Ogni luce e ombra che ha definito la sua vita.
Delle parole che non erano previste che scrivessi, che sono giunte senza avere piena e totale coscienza di quello che significano oggi e chissà quale forma prenderanno nel tempo.
Un essere umano è carne, sangue e nervi: nient’altro. Poi ci sono le parole che usiamo e le scelte che compiamo che ci definiscono. Poi ci sono alcuni uomini e donne che inspiegabilmente ti aprono il cuore e la testa e entrano nella memoria collettiva di tante persone.
Non sono bravo come fossi un motore di ricerca, a vomitare statistiche e numeri, perché non contano niente ora. Chiudo gli occhi e rivedo il tuo poster in bianco e nero nella mia cameretta, io, nemmeno dieci anni e nella testa di diventare chissà che cosa. Uso la prima persona ma fate conto che scriva “noi”.
Io ti ho avuto come mito, ti ho voluto bene, ti ho dimenticato, ti ho rivisto, ti ho odiato, ti ho deriso e ti ho riabbracciato come non fosse passato nemmeno un giorno. Mentre leggevo sul cellulare prima di andare a lavorare della tua morte, ho pensato a quanto è bella la vita anche se con le lacrime agli occhi. Non ci sarebbe nessuno sceneggiatore di Hollywood che riuscirebbe a “scriverti”, penso, anzi, che la rincorsa a quell’anello della memoria non finirà mai.
Un brivido che corre lungo i nervi scoperti dalla morte, che stupidamente ci unisce più di ogni altra cosa. La vicinanza fisica e virtuale di tanti colleghi: quel pensiero di Steve “Sting" Borden, che mi ha stritolato gli ultimi frammenti di reminiscenze, quel solo amore di Hulk Hogan e persino quel doloroso orgoglio di essere wrestler di tanti altri.
Io non so perché tu, che leggi, segua il wrestling, se sei riuscito a comprendere totalmente quest’ arte che è così reale e viva; l’unica cosa certa, che tu lo segua da un giorno oppure da una vita è che lo devi a qualcuno. Qualcuno che ti ha trasmesso in un centesimo di secondo, quello che poi avrai bisogno anni per mettere a fuoco. Una scintilla.
Io ho trentuno anni e come me tanti altri in Italia hanno iniziato a legarsi al wrestling per te, una memoria collettiva, dicevo, fatta da milioni di ricordi dello stesso momento: chiedere dove eri durante il rigore di Baggio ai mondiali del novantaquattro, dove eri l’undici settembre del duemilauno, per chi tifavi a Wrestlemania VI.
Non ho scritto volutamente fino ad ora “Ultimate Warrior”, perché il tuo nome è sempre stato un manifesto, più di ogni altro e ormai è storia che si fonde ai nostri ricordi, quelli che ci hai plasmato, li stessi che tu stesso hai vissuto, li stessi che noi, gelosamente, faremo vivere per sempre.
"Every man's heart one day beats its final beat. His lungs breathe a final breath. And if what that man did in his life makes the blood pulse through the body of others and makes them bleed deeper and something larger than life then his essence, his spirit, will be immortalized. By the story tellers, by the loyalty, by the memory of those who honor him and make the running the man did live forever."