Immaginate di essere di fronte ad un gruppo di 7 giovani ragazzi pronti a devastare una federazione. Sono tanti, sono pronti, sono forti. No, non sto parlando del Nexus, come alcuni di voi avranno pensato. Ma dei Natural Born Thrillers, stable che ha vissuto un momento d’oro in WCW tra l’estate del 2000 e la chiusura della compagnia.

Ne facevano parte Mike Sanders, Sean O’Haire, Chuck Palumbo, Shawn Stasiak, Mark Jindrak, Reno e Johnny The Bull. Quest’ultimo si staccò presto dal gruppo per riformare i Mamalukes con Big Vito, e al suo posto fece la sua comparsa Kevin Nash nei panni di coach (ruolo ripetuto in TNA, più o meno con le stesse modalità, al fianco di Samoa Joe).

Vince Russo decise di puntare tantissimo su di loro per tante ragioni: erano molto alti, ben risicati, potenti ma agili, in grado di alternare dunque mosse più statiche a voli eccezionali per atleti di quella stazza. Ribaltavano completamente il concetto di wrestler: se eri piccolo volavi, se eri grande ti davi alla psicologia. Loro univano le due fasi con bravura. Accostarli spesso alle leggende della WCW (vedasi il feud con DDP e Kevin Nash) aveva mostrato al mondo che esisteva del materiale che poteva esplodere ed eccellere al tempo stesso.

Poi successe quello che successe a tutti. Dopo aver vinto diverse volte i titoli di coppia ed essersi preparati a passare di livello, la WWE li prelevò dalla WCW e invece di puntarci, li mandò inspiegabilmente al macero. Come? Vediamolo assieme.

Mike Sanders – Era il leader del gruppo. Seppur il più piccolo e più collegato alla categoria pesi leggeri, era un fenomeno al microfono e nell’acting. Questo gli permise di diventare due volte commissioner di Nitro e di interagire sempre più spesso con Ric Flair tanto da essere vicino a diventarne il successore. Ovviamente la WWE non glielo permise.

Shawn Stasiak – Aveva un fisico molto bello, ma era osceno al microfono. Se riguardate i Nitro di quel periodo, era il tipico wrestler che recita a memoria un copione senza nemmeno ascoltare il pubblico. Sapeva però fare bene l’heel e poteva benissimo stare nel midcarding. Con la WWE ovviamente non legò mai.

Mark Jindrak – Il viso da scemotto faceva da contraltare ad una capacità atletica impressionante. Fisico scolpito, portava dei colpi da cruiserweight nonostante fosse un chiaro Heavyweight. Per la WWE, previsto in singolo, era fuori luogo. Non a caso troverà molto successo nella seconda metà degli anni 2000 in Messico, diventando quasi una leggenda.

Reno – Era il meno appariscente ma il più adatto al regno dell’hardcore. Non a caso ha vinto il titolo in diverse occasioni, ritrovandosi anche di fronte a Terry Funk. Non aveva molto futuro davanti a sé una volta fuori dalla WCW. Per questo se ne sono perse presto le tracce.

Chuck Palumbo – Un papabile futuro campione del mondo, splendeva in ogni match e sapeva tanto fare l’heel quanto il face. In coppia con Sean O’Haire fu azzeccatissimo, ma una volta passato in WWE fece prima il gay e poi il mafioso, per poi sparire nelle indy. Un peccato.

Sean O’Haire – Se Palumbo è stato il peccato semplice della WWE, O’Haire è stato il peccato mortale. Passi che fosse poco avvezzo alle rigidità della compagnia dei McMahon, ma questo era un main eventer fatto e finito. A Nitro divenne over in mezzo secondo, e nonostante fosse heel il pubblico faticava a fischiarlo. La sua senton bomb era di una bellezza stilistica disarmante, soprattutto perché messa a segno da un ragazzone di oltre un metro e novanta. Sarebbe diventato anche lui campione del mondo se la WCW non avesse chiuso, invece si è trascinato fino ad un tremendo suicidio.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.