Siamo nell’estate del 2000. La WCW sta sviluppando una storyline che oppone i giovani e i veterani con poca fortuna e tanta idiozia. Lex Luger ovviamente si pone dalla parte delle stelle, ma è chiaro che lì in mezzo si sente di gran lunga inferiore a tutti. Colpa della sua strana carriera, che doveva essere luminosa e invece ha zoppicato fino alla fine.
Quando esce alla distanza è il 1989. È uno dei wrestler in rampa di lancio della NWA e due anni più tardi diventa anche campione WCW. È una vera star, ha il fisico adatto per piacere al pubblico e persino Vince McMahon gli mette gli occhi addosso. Passa alla WWF, che gli costruisce su un percorso piuttosto lineare e poi.. niente, non gli fa vincere niente. Non importa se è un All American, tutto quello che ha fatto si dissolve in una nuvola di fumo. Il perché lo vedono in tanti: non buca.
Ma non si arrende e nel 1995 torna in WCW con la speranza di diventare un grandissimo della disciplina. Lo fa consapevole che di là ci sono Ric Flair, Sting, Randy Savage e Hulk Hogan da poter battere. E li batte, in tempi e modalità diverse, ma prima di detenere il titolo mondiale ci metterà due anni. E lo avrà indosso appena… cinque giorni. Da quel punto in avanti non avrà più una vera occasione per riportarsi nelle zone alte della gerarchia della federazione. Si accontenta di un lauto compenso mensile, vivacchia al fianco di Sting e Flair, si gonfia ancora di più, ridefinisce il proprio personaggio ma… non buca.
Quando si arriva al 2000, Vince Russo sa che i veterani devono jobbare. Devono farlo perché qui c’è una nuova generazione da portare avanti e se non lo si fa ora, non lo si fa più. Ma da entrambe le orecchie Luger non ci sente. Sia Russo che Bischoff, anni dopo, dichiareranno come qualsiasi storyline gli venisse proposta, la rifiutava. Laddove c’era una sconfitta, non accettava. Laddove c’era un passo indietro nella card, rispediva al mittente.
L’unica soluzione è stata dunque una storyline durata quattro mesi dove tenta in tutti i modi di mettere fine alla carriera di Goldberg. Perde in diverse occasioni, ma alla fine il punto finale lo mette proprio lui al ppv Sin 2001. Le sue uniche vere sconfitte arrivano solo dopo quel ppv. È nella storyline principale, ma il team booking è gestito dalla WWF che ha necessità di far vedere altro rispetto ai soliti tromboni e cambia quasi tutti i feud previsti. Quando gli offrono poi di ritornare a Raw decide di rifiutare e di chiudere lì la sua carriera.