Voglio scrivere queste righe da profano. Voglio mettermi nei panni di chi il wrestling femminile lo ha considerato per decenni come una copia sgualcita e lontano anni luce dalla parola main event. Perché, ad essere onesti fino in fondo, anche tu che adesso segui la Stardom e la Shimmer, sei cresciuto con la visione misogina di Vince McMahon.
Questa introduzione forse fin troppo provocatoria, lo ammetto, per parlare di Smackdown e sul senso di una categoria femminile che è, magari è una Serie B, rispetto a quella di Raw, ma più che i nomi, il fatto che esista potrebbe sottintendere un valore molto più importante di quanto può risultare a prima vista. Dico questo con una certa convinzione.
Ovviamente condivido l’idea di molti che indicano superflua e poco pagante avere due mini roster di lottatrici sparse tra Raw e Smackdown, con la bilancia qualitativa che pende per il primo lasciando la povera Becky Lynch ad alzare la media delle colleghe “blu”, ma rialzandoci da quel livello, abbozzato scherzosamente all’inizio, è più una scelta politica che tecnica.
La WWE ci dice in questa maniera che non conta la qualità (che poi come visto a Backlash, non è poi così scadente, suvvia…), conta la presenza; pesa molto di più il fatto che i match di wrestling femminili siano presenti il più possibile in tutti gli show televisivi. Questa è una scelta politica, non considerando i mugugni degli incontentabili fan. La cintura di Smackdown femminile è quindi la testimonianza più fulgida che la divas revolution qualche frutto lo ha prodotto e in questa prospettiva, ai miei occhi, conta tanto quanto lo stellare match femminile della passata Wrestlemania. E magari, in tutto ciò, la scelta di Becky Lynch va nella strada dell’iniziare una nuova e significativa storia, con premiando chi ha meritato di essere la prima campionessa. Felice di aver sbagliato il pronostico di Backlash, non si discute chi sia la migliore del roster di Smackdown.
Se i presupposti sono questi, la lettura del futuro si traduce in voglia di provare a proporre storyline più che match fini a se stessi. Cosa che preferisco, anche se le performer fosse discutibili. A questo punto Becky può essere la campionessa credibile per un regno lungo mesi, che può tranquillamente arrivare al 2017; sfrutterei questi mesi per alternare più sfidanti, mantenendo durante gli show televisivi quando possibile piccole tensioni con le altre lottatrici. Adesso Alexa Bliss per un mesetto può ricoprire il ruolo di sparring partner, senza troppe pretese.
Tutte considerazioni che sono abbastanza evidenti, ma che vengono dimenticate sull’altare del match a cinque stelle a tutti i costi; qui il target è diverso, qui è una multinazionale di entertainment che è arrivata alla fase due di un percorso di ammodernamento che sta ancora cercando di trovare gli spazi giusti per questa proposta “nuova”, riuscendo a elevare il livello che fino alla precedente brand extension era programmato da qualcuno mentalmente disturbato. Rilassiamoci e godiamoci lo spettacolo, arrabbiamoci per altre cose, ma viviamo più serenamente, apprezzando le novità che hanno un “senso” come questa e che ci passano sotto gli occhi senza neanche accorgercene…
We are ALL Wonder Women
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