Ci siamo lasciati il 2017 da ormai undici giorni, ma la sottoscritta è un po’ lenta, ci metto un po’ ad accorgermi che il tempo passa. Così, per rendermi più facile il passaggio all’anno nuovo, ho deciso di fare una breve (ma non troppo) retrospettiva sulla divisione femminile WWE. Sarà molto difficile riuscire a stilare un bilancio di cosa è stata la divisione femminile WWE in quest’ultimo anno, perciò mi aiuterò con una sempreverde e sempre efficace tabella di valutazione, analizzando cinque punti fondamentali, arricchiti da qualche considerazione sparsa

Partiamo da una premessa: il 2017 doveva essere l’anno del consolidamento. La consacrazione della rinascita della divisione femminile WWE era già incominciata nel 2015 ed era esplosa nel 2016: personaggi forti e ben caratterizzati, storyline coinvolgenti e appassionanti a tal punto da chiudere spesso i main event di Raw e SmackDown, il primo HIAC femminile che fu contemporaneamente il main event dell’omonimo PPV, in ultimo la divisione dei roster che ha dato la possibilità di creare due cinture, per due campionesse, per due roster che potessero differenziarsi mantenendo comunque una qualità alta. Al 2017 veniva lasciato in eredità tutto questo, con il compito di prendersi cura della divisione femminile e di migliorarla ancora di più, o almeno di mantenerla ad alti livelli. Come sarà andata?

LE TOP NAME

La WWE ha cercato di creare dei nuovi personaggi forti, d’impatto, così come era riuscita a creare i personaggi di Charlotte e di Sasha Banks. Tra tutte ha spiccato sicuramente Alexa Bliss, la quale dopo l’ottimo lavoro svolto a SmackDown ha bissato il successo a Raw; poche storie: è una heel quasi perfetta, al microfono ha fatto passi da gigante e anche sul ring è migliorata, inoltre è una delle poche “piccolette” che riesce comunque a lottare in maniera credibile, non posso non amarla. Ha fallito invece il progetto Bayley, la quale è rimasta invisa a molti, sul ring ha toppato più volte e al microfono è sembrata ancora troppo acerba, troppo timida, troppo impacciata, addirittura antipatica. Per questo motivo la WWE ha posto ad Alexa delle sfidanti alternative, ripescando Sasha Banks messa momentaneamente da parte, e Mickie James, il cui effetto nostalgia ha funzionato fino a un certo punto. Anche il personaggio di Nia Jax ha stentato a decollare e la cosa mi fa male al cuore (a me Nia continua a piacere molto). Il tutto si è dunque risolto in una Bliss che ha catalizzato l’attenzione su di sé, con varie sfidanti che le gravitavano intorno.

A SmackDown è andata un po’ meglio nell’ultimo periodo, quando è arrivata Charlotte, la quale ci ha messo qualche mese di troppo a vincere il titolo femminile (complici le precarie condizioni di salute del padre), ma che quando lo ha fatto ha iniziato un bel feud con Natalya, molto classico e giocato sul sangue blu delle due, ma giocare sul sicuro ha premiato. Menzione d’onore per Naomi, nella quale vedo tanta voglia di migliorare ancora e che si è conquistata un posto nel cuore dei fan e ha provato l’emozione di vincere il titolo a casa sua durante WrestleMania.

LE FAIDE TITOLATE

A braccetto con le main eventer vanno ovviamente le due cinture femminili e le storyline annesse e connesse. Non c’è stata una reale faide principale quest’anno, niente Charlotte e Sasha che si contendono il titolo da qui all’eternità, ma piuttosto un’alternanza di ruoli tra campionesse e sfidanti. Una caratteristica comune a entrambi i roster è stata quella di buttarla spesso “in caciara”, annunciando match a più partecipanti con una frequenza impressionante, sia per determinare la prima sfidante che per i match titolati veri e propri. Come ripeto sempre, per me questa scelta è dovuta alla volontà di mettere in mostra tutte le lottatrici disponibili, far vedere che la divisione non si regge solo su due o tre nomi di rilievo, ma che al contrario tutte possono essere delle campionesse o aspiranti tali, tutte hanno diritto ad un’opportunità perché tutte se la meritano; tuttavia questa scelta ha penalizzato le rivalità in singolo, che sono state frammentate e confusionarie, anche se nel complesso sufficienti. Tanti buchi nell’acqua, tante mosse azzardate, come Lana sfidante di Naomi e il progetto Tamina naufragato in un nulla di fatto, Mickie James che è servita come tappabuchi per un paio di PPV e così via.

IL ROSTER

Sono state davvero tutte meritevoli?

Sicuramente le top name hanno avuto un ruolo maggiore, ma è stato bello vedere come si sia cercato di differenziare tutte le ragazze, in modo che non ci fossero copie l’una dell’altra. Naomi e Natalya hanno provato entrambe il ruolo di campionesse, Naomi per la prima volta, Natalya dopo tanto tempo; si è cercato di trovare un ruolo a Tamina e Lana e devo dire che quella coppia non mi dispiaceva affatto, Carmella è stata scelta come Miss MITB (su quello ci arriviamo dopo). Nel complesso mi pare che a SmackDown abbiano voluto osare di più, quasi “divertirsi” di più con la divisione femminile. Ad ogni modo, entrambi i roster avevano una presenza femminile molto risicata, ci mancherebbe altro che qualcuna me la escludi pure dai giochi. Rispolvero un altro mio pensiero ricorrente: nella divisione femminile, come in quella tag o in quella maschile, servono tutti, servono i main eventer, servono i jobber e servono i midcarder; non si possono creare solo campionesse, ma si può cercare di sfruttare tutti al meglio nel loro ruolo, spostando ogni tanto le posizioni, rischiando nel promuovere qualcuno e facendo temporaneamente retrocedere qualcun altro (ed è il motivo per cui non mi sono indignata per Sasha Banks che si confronta con Alicia Fox o viene schienata da Nia Jax, per dirne una)

Approfitterei di questo spazio per ricordare la (Fu) Emma, la quale se n’è andata senza mai ottenere quello spazio che tanto desiderava. Ci mancherai, sappi che attualmente sei la mia campionessa femminile di Raw 2K

Ci sarebbe anche da parlare degli eventi di novembre e dicembre, perciò procediamo

STORYLINE DI CONTORNO

Qui si tocca un tasto dolente: come ho scritto prima, tutte per il titolo, tutte contemporaneamente in PPV, tutte insieme appassionatamente. Anche quest’anno si sono viste pochissime faide che avessero come centro i personaggi e non la cintura di campionessa. Ad inizio anno c’è stato il feud tra Nikki Bella e Natalya, una breve rivalità tra Becky Lynch e Mickie James, Sasha Banks ha avuto i suoi screzi con Nia Jax prima e Alicia Fox poi. Niente di memorabile, anche se a febbraio vedere ben tre match in PPV ha fatto molto piacere. Mi piacerebbe davvero vedere una faida femminile in WWE che sia bella, convincente, entusiasmante, senza dover per forza metterci un titolo di mezzo, probabilmente ho pretese troppo alte.

Si è deciso di puntare ancora di più sulla “prima volta” femminile, nel 2016 è toccato all’Hell In A Cell, nel 2017 è stato il turno della Miss MITB e quest’anno sarà la volta del Royal Rumble match. La Rumble è 2018 e quindi posso evitare di esprimermi, sul MITB vi confesso che quel match e quel finale sono stati talmente shoccanti che ancora non mi sono fatta un’idea precisa, ancora non riesco a rispondere alla domanda “ma ti è piaciuto oppure no?”, solitamente riesco a spuntarla dicendo che l’idea della valigetta femminile è sicuramente una buona aggiunta, la scelta di farla vincere in quel modo a Carmella forse non è stata altrettanto buona; ma in fondo se ne è parlato tanto, è sempre un bene no?

A fine anno la WWE ha deciso di darci un assaggio di quel che sarà il 2018, con tre nuovi arrivi a Raw e tre a SmackDown, nello show blu un team tutto nuovo, nello show rosso una veterana con due adepte e l’arrivo di Asuka, che ad NXT aveva conquistato tutto il conquistabile, fatto tutto il fattibile e pure l’infattibile. L’intento della WWE è ovviamente quello di proporre dei match e delle storyline nuove, che non coinvolgano sempre gli stessi nomi e spero che questo possa portare a ciò che auspicavo qualche riga fa: più match, più storyline, più personaggi, sempre differenti l’uno dall’altro. Non mi lamento più di tanto della gestione della Riott Squad e della Absolution, piuttosto spero che una volta sciolte queste alleanze le cinque nuove entrate si ricavino il loro posto esattamente come stanno cercando di fare le loro colleghe più anziane. E che ovviamente Asuka continui a spaccare cooli, ci mancherebbe

I MATCH

Non si può valutare una divisione senza tener conto dei match disputati. Purtroppo io ho la memoria di un pesce rosso e nel momento in cui sto scrivendo questo articolo vengo da una notte in bianco, dunque son più rimbambita del solito. Correggetemi se sbaglio, dunque, ma mi pare che la qualità dei match non sia salita rispetto al 2016, anzi, si sia addirittura abbassata, regalandoci anche delle figure barbine da dimenticare, specie nei match a più persone che hanno portato a una mala gestione delle lottatrici in gioco e ad eliminazioni precoci che ancora gridano vendetta. Se da una parte ad NXT abbiamo avuto sempre ottime prestazioni, nel main roster, vuoi per il minor minutaggio, vuoi per la gestione differente, i match sono stati sempre sufficienti, alle volte buoni, qualche volta insufficienti, raramente molto buoni, in ogni caso non mi hanno dato la qualità che mi aspettavo. Spero che il nuovo anno migliori da questo punto di vista, se non altro per quel che riguarda i match titolati in PPV, che saranno sempre uno, massimo due, e per questo dovrebbero sempre essere buoni, se non addirittura memorabili

A meno che per il 2019 non tirino fuori i titoli di coppia femminili, non mi stupirei più di nulla a questo punto

Perché, anche se ho detto molto male di questa divisione femminile, resta il fatto che siamo lontani anni luce dai tempi bui che troppo spesso ci dimentichiamo, i tempi dei bra&panties, i tempi delle modelle trasformate in parvenze di lottatrici, i tempi delle faide inesistenti, dei match pausa bagno, dei match titolati che duravano tre minuti e finivano con della lacca per capelli negli occhi

Perché io l’ho visto, l’Orrore, ed è un Orrore che ti fa rivalutare ogni cosa, persino una Lana che cerca di imparare a lottare.