Aprite gli occhi. Aprite le braccia. Aprite il cuore. Tutti voi che oggi accogliete nel vostro immaginario le donne alla lotta, sappiate che le vere rivoluzioni non sono quelle guidate dai ricchi incravattati delle compagnie importanti. Le vere rivoluzioni sono quelle portate avanti da piccoli punti nella mappa. Quelle che hanno abbattuto alberi e scavato tunnel per aprire una strada che nel corso degli anni, nonostante negazionismo e ostruzionismo, ha portato sempre più gente a passarci e a vedere il mondo da un punto di vista diverso. Alternativo.
Se vivessimo negli anni 50 non sarebbe poi cosi difficile scartare una donna, etichettarla come intrusa in un mondo di uomini e continuare a puntare sui muscolosi esseri di due metri, che avvinghiati al centro di un Ring intrattengono, fra sudore e urla, il pubblico assetato e ingenuo. Ma salire su un Ring, dopo essersi allenata per un sacco di tempo e affrontare il giudizio e lo sguardo della società maschilista e tradizionalista, mostrando gl’inguini senza aver paura di essere presa per una donna quanto meno libertina, non significa soltanto fregarsene del pensiero bigotto e becero, significa avere fegato.
Questo è ciò, che in quella che davvero fu una Women’s Revolution, fecero nomi come Mildred Burke, Judy Grable, Mae Young. Questo è ciò che fece, stravolgendo il mondo, the Fabulous Moolah.
Fabulous Moolah, un nome d’arte che Mary Lillian Ellison terrà appiccicato su di lei per tutta la vita. Un nome scelto, sarà un caso, da un signore che si chiamava Vince McMahon, anche se di una generazione precedente a quell’altro signore che noi tutti oggi conosciamo per essere il più importante uomo all’interno del Business del Professional Wrestling. Sarà lei, nel bene e nel male, a diventare il simbolo che per decenni ha sostenuto in tutto il mondo la categoria femminile, saltando generazioni, accavallando epoche, sempre presente fino al momento che qualcuno, di seconda generazione, si rendesse conto che le donne sono all’altezza degli uomini, all’altezza di Wrestlemania, all’altezza di essere considerate lottatrici professioniste.
Era il 1953 quando cominciò la leggenda di Moolah. Lei che aveva perso la madre da piccola, che si era sposata, avuto una figlia e poi divorziato che soltanto aveva 15 anni, capì ben presto grazie alla spinta di suo padre, che un futuro poteva avercelo sui Ring. Non le importava se tutto era fatto praticamente soltanto per gli uomini, non le importava se sarebbe stato difficile, duro. Le importava soltanto una cosa: diventare una campionessa.
Si innamorò di questo desiderio e della disciplina nel vedere Mildred Burke a Tookiedo, vicino a Columbus. Lei fu la sua ispiratrice, la guerriera che nonostante lottasse come una leonessa, non era ancora riuscita a spezzare davvero i cuori, a fare breccia nelle menti di chi la osservava. Moolah la ammirava e in quegli eventi decise di raccogliere il suo testimone e andare oltre. Voleva e doveva saltare l’ostacolo, oltrepassare la barriera e diventare quello che Miss Burke non era riuscita a diventare: una vera leggenda.
Proprio grazie a Mildred, Mary comincia ad allenarsi insieme con Billy Wolfe, marito della Wrestler. Combatte i primi Match contro la compagna di una vita, Mae Young, e contro Miss Cecilia, aka Cecilia Blevins. Ben presto però Mary decide di abbandonare quel circuito, dopo aver rifiutato la corte sessuale di Wolfe, che nel più classico dei compromessi promette più Booking e più successo. Anche questo significava essere una donna nel mondo del Pro Wrestling. Mary quindi conosce un altro Wrestler, Johnny Long, con il quale intraprende una relazione, stavolta corrisposta e senza forzature. Grazie a lui si avvicina a Jack Pfefer, un altro Promoter che decide di farla lavorare come Manager, ma i problemi non finiscono, anzi, aumentano.
Mary inizialmente diventa Slave Girl Moolah e fa da Manager a The Nature Boy Buddy Rogers, ma anche quest’ultimo la invita ad una relazione sessuale che la ragazza rifiuta categoricamente troncando la Partnership. Diventa Manager quindi di Tony Olivas, l’uomo elefante, un Wrestler messicano ma molto, molto scuro di pelle. Negli anni cinquanta non era per niente facile rapportarsi al problema razziale e l’entrata dei due, nella quale Mary baciava Olivas sulla rampa, faceva discutere parecchio. Faceva discutere tanto che una sera, durante uno Show, un uomo tentò di accoltellare Mary, ragazza bianca tanto, troppo vicina a un uomo dalla pelle nera.
Mary sembra essere già arrivata alla fine della sua corsa, ma non si arrende. Lascia la Promotion di Pfefer e nel 1955 e dopo qualche comparsata per i Ring della zona di Boston, finisce nella Capitol Wrestling Corporation, da Vince McMahon Sr.
Lavorare nella Capitol Wrestling Corporation significa prima di tutto lavorare nella zona più calda degli Stati Uniti, con un uomo molto intelligente e soprattutto legato alla National Wrestling Alliance, circuito territoriale che abbracciava, in pratica, tutto il mondo. Grazie a tutto ciò l’ormai Fabulous Moolah, vince il titolo femminile della NWA nel 1956, sconfiggendo Judy Grable, e nonostante un primo periodo nel quale non tutti membri del consiglio direttivo la considerano tale, soprattutto perché uno dei nomi più importanti era Billy Wolfe, anni prima abbandonato da Moolah per le sue richieste erotiche, alla fine tutti capiscono che quella ragazza ha talento e se proprio il Wrestling femminile può portare guadagni e può avere un senso, allora è lei che deve essere la porta bandiera.
Comincia qui la leggenda di un regno che durerà dieci anni esatti, dal 1956 al 1966, dal 18 Settembre al 17 Settembre. Moolah abdica nel 1966 contro Bette Boucher ma un mese dopo riconquista la cintura. Un altro anno e mezzo di regno, fino al 1968, quando a Osaka, in Giappone, viene sconfitta da Yukiko Tomoe. Questo Match è la riprova che la ragazza, il movimento e tutto ciò che ne consegue, è ormai un fenomeno globale. In Aprile Moolah riconquista la cintura che manterrà per ben sette anni, fino al 1975, quando Sue Green gliela strapperà a Dallas, Texas. Dopo poco Moolah torna campionessa e lo resterà fino al 1978, quando Evelyn Stevens le toglie la cintura per qualche tempo.
Moolah riconquisterà la cintura dopo poco e questo sarà il suo terzultimo regno, perché nel 1984 Wendi Richter diventerà campionessa della World Wrestling Federation. Proprio in quell’anno, il 1984, è importante, perché è l’anno nel quale la WWF compra da Moolah i diritti della cintura che fino a quel momento, a partire dal 1970, erano stati suoi. Proprio per questo la WWF riconosce a Moolah un unico regno, dal 1956 al 1984, ben ventotto anni. I vincenti scrivono la storia, come sempre.
Moolah combatterà ancora e vincerà ancora. Contro Wendi Richter, quando impersonando Spider Lady darà vita all’Original Screwjob, siamo nel 1985. Poi nel 1986, quando in Australia strapperà il titolo a Velvet McIntyre, perdendolo un anno dopo a Houston, Texas, contro Sensational Sherri Martel.
Passa quindi agli annali il regno di Fabulous Moolah come il più longevo della storia del Professional Wrestling. 28 anni. Io credo che non sia giusto. Moolah è una donna che tantissimo ha dato alla disciplina, ma non considerare le lottatrici che si sono interposte sul suo cammino è sbagliato. Anche loro, brave o no, talentuose o no, hanno contribuito a rendere una categoria, quella femminile, un punto fermo del Wrestling mondiale, dandoci oggi la possibilità di parlare di una Women’s Revolution che ha seguito il denaro però soltanto il denaro. Meglio che sia successo, per carità, ma in questa epoca moderna la rivoluzione non è venuta dallo spirito di una generazione di donne che sognavano emanciparsi anche in ciò che sembrava impossibile.
Moolah, come Mae Young, come Judy Grable, come Milder Burke e come tante altre, sono state coloro che hanno trainato il carro quando la strada era più difficile. Sono quelle che oggi nessuno nomina e in pochi ricordano, ma che davvero bisogna incastonare in quella parte del tempo che resta e resterà immobile. I riconoscimenti sulla terra non sono niente confronto a ciò che vivono adesso, nella loro nuova vita sulle nuvole. Già me le vedo, tutte li, con Fabulous Moolah al centro, sedute a bordo Ring con le gambe accavallate, nei loro costumi interi, che mostrano gl’inguini con la pura genuinità della gioventù, non più in una foto sfuocata e sporcata di grigio fra il bianco e nero, ma in un’immagine che respira dei più vivi colori del paradiso.