C’è un nome nell’immaginario collettivo del Wrestling in Italia che identifica quasi un dio. Il nome è quello di Bruno Sammartino, un lottatore che partì dall’Abruzzo durante la prima metà del secolo e negli Stati Uniti diventò una vera e propria leggenda del nostro amato sport spettacolo, con onestà, dedizione e lavoro. C’è un altro nome però, che in pochi conoscono, che si è legato al Pro Wrestling prima direttamente, seppur per pochissimo, poi indirettamente, o per lo meno lo ha fatto la sua famiglia. Questo nome è quello di Vincenzo Cotroni, uno che non ha fatto tremare soltanto il Ring con i suoi pochi salti, ma ha fatto tremare anche le persone, con le parole, il denaro e il piombo.

Vincenzo parte per il Canada, più precisamente per Montreal, Quebec, nel 1924, all’età di 13 anni. Il suo paese in Calabria, Mammola, un piccolo centro arroccato fra l’Aspromonte e le Serre, aveva poco da offrire alla sua famiglia, ancora meno da quando il regime fascista aveva preso ormai potere. La famiglia partì, con il santino di San Nicodemo in mano, per cercare fortuna nella “Merica”, terra chiacchierata, ambita, nella quale i pomodori erano grandi come palloni da calcio e i muli trainavano anche gli autobus da quanto erano forti.

Nel Quebec si parla francese, qualcuno anche inglese. Non fu affatto facile adattarsi a quella vita nuova, soprattutto dopo aver scoperto che i pomodori erano esattamente come quelli italiani, solo meno dolci, e i muli nemmeno si vedevano per le strade. Cosi, il piccolo Vincenzino, ormai sulla via dell’età adulta, si da a quello che, purtroppo, molti italiani partiti per il nuovo mondo, si sono dati: la criminalità organizzata. Il crimine organizzato però, non è la sola cosa che stuzzica la mente di Vincenzo, che decide di tentare di arrotondare in un modo onesto, onesto come suo padre, Nicodemo, carpentiere per pochi dollari canadesi a settimana. Decise di tentare una strada strana, nuova, sconosciuta per un italiano, quella del Professional Wrestling.

Proprio come farà Bruno Sammartino svariati anni dopo, Vincenzo si allena e sale sul Ring, diventa Vic e tenta il successo. Purtroppo per lui però, la forza inimmaginabile e dura che attraversava le vene di Sammartino, non era la stessa che attraversava le sue, e ben presto il “sogno” del Wrestling finì in un nulla di fatto. Combatté tre Match, due sconfitte e un pareggio, o almeno questa è l’informazione arrivata a i giorni nostri. Pareggia contro Kid Lyons il 10 maggio del 1938 a Shawinigan, vicino Montreal. Poi perde l’8 giugno del 38 nella stessa città contro Roland Brousseau. E infine perde contro Marcel Quimet il 12 luglio del 1939, stavolta a Montreal.

Bruno Sammartino diventò una leggenda, Vincenzo Cotroni appese presto gli stivali al chiodo. Troppo duro il Pro Wrestling, troppo lavoro, troppo sudore. Meglio essere un capo famiglia, uno di quelli che contano. Le scorribande del suo gruppo negli anni venti a favore di alcuni politici, lo hanno legato indissolubilmente a personalità importanti, e adesso può vantare amicizie che gli portano denaro e rispetto, quello che vogliono tutti. Tutti quelli come lui.

La sua famiglia è molto potente e mentre i suoi figli crescono, la sua ‘ndrina vanta ormai il controllo di gran parte del territorio, oltre che rapporti privilegiati con famiglie negli Stati Uniti e in altre parti del Canada, Il suo business più fiorente è quello del tabacco e dell’alcol, e a decorare il tutto, immancabile, il racket delle estorsioni.  Le estorsioni però non sono una cosa facile, come non lo è l’usura, altro affare affidato a sodali di Cotroni e della sua famiglia. Ci vogliono uomini in gamba, con i muscoli e le capacità di convincere i “dissidenti” a tirare fuori il denaro in cambio della loro protezione, la solita storia.  

Ormai Vic è anziano, ha avuto un sacco di problemi, di processi, e nel 1984 muore, lasciando la sua famiglia in mano ai suoi più stretti amici e sopratutto alla sua famiglia. I suoi figli portano avanti questo “bisinness” come faceva papà, introducendo la droga, ma non trascurando le sigarette, ancora grande fonte di guadagno. E poi, come sempre, offrendo protezione. Anche la seconda generazione della famiglia Cotroni si affida a uomini temuti per le riscossioni e ne trovano uno che sta uscendo con la loro cugina Diane, nipote del buon Vincenzo. Si chiama Adolfo e anche lui è italiano, è nato a Campobasso, in Molise, anche se alcune fonti sostengono a Udine. Di cognome fa Bresciano e a Montreal sta diventando una vera e propria istituzione.. un’istituzione del Pro Wrestling, qualcuno lo considera l’Hulk Hogan della zona: si fa chiamare Dino Bravo.

Qui Vic Cotroni, e lo strascico della sua vita, torna a influenzare il Pro Wrestling, anche da morto. Quei tre Match non catturarono la sua attenzione e lui lasciò perdere, ma per fortuna non fece danni. Questa volta invece si, perché trascino Dino Bravo, uno dei lottatori più promettenti dell’epoca, corteggiato prima e conquistato poi anche da Vince McMahon, in un mare di squali molto più pericolosi di quelli sul Ring. Si dice che Dino avesse cominciato a fare la cresta sul traffico di sigarette, motivo per il quale la stessa famiglia Cotroni lo eliminò. Altri sostengono che fu una famiglia rivale, assoldata da qualcuno che non aveva accettato le minacce del Wrestler, a compiere l’esecuzione. Sta di fatto che, dopo quasi 80 anni, Vic e il Wrestling si incontrarono di nuovo, stavolta in maniera tragica, violenta e malata.

Siamo un popolo di sopravviventi noi italiani. Lo abbiamo fatto e lo facciamo per tutto il mondo. Bruno Sammartino e Vic Cotroni sono due facce della stessa medaglia: da una parte la faccia sorridente, quella che guarda al futuro con sforzo e lavoro. Dall’altra la faccia arrabbiata, quella che vuole tutto, subito e con poco sforzo. Entrambi però, per motivi agli antipodi, sono parte della storia del Pro Wrestling e del nostro paese, quindi parlarne è d’obbligo, come è d’obbligo ricordare i meriti e gli errori, di Bruno e Vincenzo, e le debolezze, quelle di Adolfo. Nomi che sembrano tutti usciti da un romanzo di Carmine Abate, ma che si sono mischiati prepotentemente con i nomi “mericani”, quelli che sembrano un film, ma che alla fine, non sono poi cosi diversi da noi quando ce li troviamo di fronte.