Il tema delle concussioni, della prevenzione da un punto di vista clinico e fisico, dell’attenzione verso la salute dei wrestler è tornato prepotentemente in auge poco più di una settimana fa, in occasione del ritiro di Bryan. Niente battute a sto giro, buona lettura!
Vi capita mai di vedere le cose sempre in una certa maniera, dandole quasi per scontate…e poi accade qualcosa in grado di farvi cambiare prospettiva, facendovi capire ed osservare le cose con occhi completamente nuovi? A me capita abbastanza spesso, purtroppo o per fortuna. Il wrestling mi è sempre piaciuto tantissimo e, vi dirò, ho sempre avuto un debole per la sua parte più cruda e violenta. Amavo vedere un drammatico bladejob alla HBK a Wrestlemania XXX, amavo vedere Foley schiantarsi contro un tavolo, amavo il Con-Chair-To di Edge, amavo gli scontri cranio contro cranio in Giappone ed in ROH.
Registriamo il podcast settimana scorsa, e mentre parliamo di Bryan il buon Giovanni riciccia uno dei match migliori della carriera di DB, in ROH contro Nigel McGuinness. In settimana, premessa, mi ero fatto un po’ di sane autolesioni emotive ripescando qualche incontro dal mio archivio: il primo ad NXT contro Y2J, il match contro Cena a Summerslam, quelli di WM XXX. Mentre guardo Bryan e Nigel che, in modo totalmente non protetto, si prendono a testate ho un’epifania, quella di cui vi scrivevo poc’anzi. Capisco che ciò che più ho amato di Bryan lottatore è stato il principale motivo della sua stessa sfortuna, capisco che per andare over in un mondo così fisico e violento come il pro-wrestling se hai la stazza ed il look di DB devi necessariamente avere una fortissima pulsione di morte. Il Thanatos, come amava definirla Freud. Capisco che se una persona in punto di ritiro, nonostante tutto, dice che la cosa che più gli mancherà è il suicide dive, questa pulsione è tremendamente forte e spontanea. Capisco che, nonostante il lato sinistro del corpo possa essere totalmente paralizzato nel corso di un match, la psiche e la forma mentis che ti sono state imposte ti portano necessariamente a dover terminare ciò che hai iniziato.
Perché il wrestler che amo ce l’hanno questa roba old school. Concludere incontri nonostante lesioni profonde, colli rotti, concussioni, abiti che ti vanno a fuoco: una mentalità tramandata nello spogliatoio che ti identifica come leader, come esempio, come punto di riferimento per i fan. Come punto di riferimento per un fan, quello che ora vi scrive. Capisco questi procedimenti mentali, capisco quanto siano profondi e connaturati in una mente brillane come quella di Bryan ed improvvisamente…mi sento stupido, colpevole, e triste. Perché lo stesso ragazzino che si esaltava con una sediata al cranio o una serie di craniate drammatiche avrebbe dovuto capire che queste teatralità, per quanto funzionali alla storia, potrebbero essere evitate. Perchè lo stesso ragazzino che ci rimaneva male ad un house show perché i wrestler ci andavano con il freno tirato avrebbe dovuto capire che probabilmente disputare incontri con il piede a tavoletta a giorni alterni avrebbe potuto portare a conseguenze disastrose. E dalla tristezza sono passato alla felicità. Felicità per Bryan, che è stato senza dubbio alcuno fortunato, così come Edge prima di lui e pochi altri prima di loro.
Perché dieci concussioni DOCUMENTATE sono davvero troppe. Perché tre concussioni nei primi due mesi di carriera sono decisamente preoccupanti. Perché probabilmente Bryan potrà avere una vita felice, normale, senza menomazioni fisiche, mangiando tutta la cacchio di verdura che ama (non è più Vegano, lo so), portando a pisciare Josie ed i suoi cuccioli, cercando di avere figli con sua moglie divertendosi non poco nel mentre, beato lui. Bryan è stato fortunato, la sua famiglia è stata fortunata e mi sento di dire per una volta: brava WWE.
Il lavoro svolto su tutti da Christopher Nowinski e dalla sua fondazione per lo studio delle concussioni e l’attenzione rivolta verso tale fenomeno costituiscono qualcosa di stupendo ed epocale. La concussione per i pochi che non lo sapessero comporta un danno cerebrale, e tale danno potrebbe essere visto un pò come una roulette russa: tanto può essere che da qui a dieci o venti anni non accada assolutamente nulla a chi la subisce, tanto può essere che vi siano conseguenze davvero menomanti per il povero malcapitato. Da fan di arti marziali miste, aggiungo una piccola postilla: una volta che un lottatore viene messo k.o., inevitabilmente la sua propensione ad andare nuovamente a tappeto sale esponenzialmente…e la stessa cosa si applica anche ai nostri beniamini. Una volta subita una concussione, la “recidiva” è li dietro l’angolo.
La testardaggine della WWE, per una volta, ha fatto il bene di Daniel Bryan, forse per la prima volta nel corso della sua carriera. Se Vince avesse ceduto alle lusinghe dell’American Dragon, e se lo stesso si fosse adagiato sui responsi emessi dai primi medici di “parte” consultati, probabilmente sarebbe potuto tornare sul ring. Probabilmente avrebbe effettuato un altro suicide dive. Probabilmente le cose sarebbero andate per il meglio…oppure no. Le sediate ed i colpi al cranio erano qualcosa di estremamente comune in ECW, assieme a mille altri problemi e demoni personali dei lottatori coinvolti. I numeri delle “vittime” dell’ECW, purtroppo, parlano da se.
Bryan, in modo tutt’altro che residuale, ha rischiato di divenire un altro martire posto all’altare del nostro intrattenimento. Una bella storia sul quadrato può essere tranquillamente raccontata senza sediate, craniate, backbump assassini o suicide dive che avvengono in ogni cavolo di match, da quelli di Big E a quelli di Carmella.
Mi mancherai Bryan, davvero non sai quanto. Ti sono grato, ma sono anche estremamente felice per te.
Danilo