Non scrivo di TNA da molto tempo, per ragioni plurime: tuttavia mi sembra il caso di rompere il silenzio perché, giovedì scorso, Impact! ha trasmesso la sua ultima puntata originale su Spike TV, prima dell’approdo su Destination America che avverrà ad inizio anno. Più deprimente di uno sketch di strip-poker tra Val Venis e le Beautiful People nel 2010, ecco a voi l’editoriale odierno.

La retrocessione del prodotto TNA da Spike TV a Destination America è, senza dubbio alcuno, un colossale passo indietro: Spike TV è un’emittente in grado di raggiungere circa 100 milioni di case Statunitensi, mentre Destination America è in grado di raggiungerne circa la metà. Senza contare in fatto che, quest’ultima, è stata da poco “rinnovata” dal gruppo Discovery che ne detiene la proprietà, passando dall’essere Planet Green, ossia un canale tematico a sfondo naturalistico dai ratings bassissimi, all’essere appunto Destination America, un canale abbastanza variegato sia con programmi pop (alcuni decisamente trash, tipo “Ghost Stalkers”) che con qualche programma documentario. In questo contesto, Impact! andrebbe ad inserirsi in un contesto decisamente diverso rispetto al precedente, dove la fetta demografica a cui rivolgersi (uomini dai 14 ai 40) andrebbe ricostruita, in quanto abbastanza diversa da quella attratta dall’emittente: in soldoni, l’1.0 di ratings totalizzato settimanalmente su Spike potrebbe essere drasticamente ridotto ad un 0.4, regredendo dunque ai livelli che portarono alla cancellazione del programma da Fox Sports nel 2005.

Meno ratings dunque, il che potrebbe tradursi in una drastica riduzione dei costi produttivi dello show: un roster decisamente meno folto, meno effetti speciali, meno houseshow e meno starpower. Ma cosa ha portato al mancato rinnovo con Spike TV, in un periodo storico in cui Viacom e la Panda Energy sembravano andare così tremendamente d’accordo? E perché Spike ha deciso di tagliare, di sua sponte, il suo programma settimanale di maggior successo (se escludiamo la nuova Bellator edizione Scott Coker), numeri alla mano?

Evidentemente il gioco non valeva la candela. Evidentemente, come dimostrato dal fatto che su un milione di spettatori, circa l’1%  era disposto a spendere realmente soldi per guardare i PPV mensili (prima che divenissero One Night Only) , il prodotto TNA era meno proficuo di quanto i numeri potessero suggerire per una questione di marketing, di rapporto costi/profitti, oppure semplicemente perché non in grado di attrarre forme di pubblicità realmente remunerativa per Spike TV. Fatto sta che questa retrocessione affonda radici profonde, ed ha decine di nomi e cognomi da scolpire sull’epitaffio.

Il prodotto TNA nasce come alternativa. Non ha il minimo senso, in un regime sostanzialmente di monopolio, competere con un mostro globale offrendo una copia dello stesso prodotto: ciò che occorre è offrire qualcosa di complementare e di diverso, in grado di attrarre una fetta degli utenti del prodotto originale,  rendendoli affezionati al proprio in quanto semplicemente dotato di una rinfrescante diversità. Un esempio virtuoso, oggi, è Lucha Underground: la presentazione del prodotto è decisamente diversa rispetto a quello WWE, con vignette girate in modo cinematografico (fantastiche), un tempio anziché un’arena gremita, una fotografia maggiormente tagliata per uno show “pulp” e la presenza di elementi, come lo scontro di lucha intergender, in grado di rendere immediatamente riconoscibile il brand; non è intenzione di chi ha generato il programma competere con la WWE, piuttosto è chiara la voglia di ritagliarsi uno spazio proprio, in grado di garantire un’esistenza a lungo termine. Ed un tempo, l’esempio virtuoso era proprio la TNA.

Con la presenza della X Division in un periodo in cui la divisione Cruserweight della WWE, ereditata dalla WCW, andava estinguendosi, la TNA riuscì ad imporsi come elemento di diversità. Con la valorizzazione dei talenti femminili in un momento storico in cui il roster delle Divas in WWE lamentava penuria di wrestler e sovrabbondanza di modelle, la TNA riuscì ad emergere come alternativa. Con lo straordinario parco di talenti nella divisione tag team, in un frangente in cui sostanzialmente non vi erano tag team in WWE, la TNA riuscì ad attrarre gli occhi dei fan che hanno da sempre amato questa tipologia di spettacolo sul quadrato. Ed in un contesto di diversità così ampio, paradossalmente, elementi di “rottura” come Sting e Kurt Angle, in grado di occupare una posizione da main eventer sia lusinghiera che pesante, ci stavano tutti, dando quel tocco mainstream

in più in grado di creare un prodotto eterogeneo, ed allo stesso tempo straordinariamente amalgamato.

I problemi sono cominciati quando la TNA si è autoconvinta di poter essere competizione, e non alternativa. E se qualcuno ha successo, il modo più immediato (e sbagliato) per entrare in competizione che viene in mente è: mettersi in scia. Ed è così che la TNA, in modo inizialmente soft, ha cominciato a mettere sotto contratto qualche ex WWE (in più Booker T, Christian, Foley) incluso un certo Vince Russo. L’esplosione avviene il 4 Gennaio 2010: la TNA mette sotto contratto Hogan e Bishoff, a cui vengono affidate le briglie della compagnia dalla stessa Dixie Carter; i due portano con se uno slot live il lunedì in contemporanea con Raw, più una lunga cricca di talenti (ed amici) dalla dubbia utilità, tutti ex WWE/WCW e tutti estremamente ben pagati. La TNA totalizza il suo ratings massimo su Spike, sfiorando il 3.0 nel momento in cui Hogan fa la sua comparsa: l’8 Marzo rivive la “Monday night war” ed Impact ottiene uno slot fisso contro Raw.

La “guerra” dura appena tre mesi, e la TNA si assesta su una media dello 0.8 di ratings. Prima del 2010, spesso il muro dell’1.0 fu superato senza difficoltà, con l’unica differenza che i costi dei vari ex WWE, della produzione live ed on the road, del “repackage” del prodotto non erano inseriti nel computo della spese: nel corso degli anni a seguire la TNA gradualmente rinnegherà il suo passato dimenticando la X Division, la divisione femminile e ridimensionando quella tag team, per dare spazio a storyline che spesso ricalcano quelle messe in onda dalla WWE, o ancora peggio quelle della vecchia WCW. Il pattern è lo stesso: Stable Heel alla NWO come “invasori” Vs la WCW/TNA, rappresentata dal gruppo di babyface di turno. Il prodotto diventa ciclico, monotono, piatto ed estremamente costoso, portando una deficienza creativa devastante, con numerosi cambi al vertice e la mancanza di una visione chiara.

Dopo aver fatto un po’ di “pulizia” la TNA prova a ripartire, alleggerita dai pesanti contratti di molti ed abbandonando la formula degli show on the road, decisamente troppo costosi. Prima si torna nella Impact! Zone, poi si abbraccia nuovamente la tradizione di realizzare, in due o tre giorni, un numero inverecondo di tapings, per tagliare gli ulteriori costi produttivi. Nel frattempo la TNA perde tre dei suoi uomini simbolo: Jarrett, Sting e soprattutto AJ Styles. La perdita di quest’ultimo, in particolare, è un fortissimo segnale di malessere, in quanto nessuno più del Phenomenal One rappresenta l’icona TNA nel wrestling mondiale, dunque privarsi di lui corrisponde, per la proprietà transitiva, a privarsi di parte della propria storia.

La goccia che fa traboccare il vaso, con Spike TV, è una mail vagante in cui erroneamente si lascia trasparire che Vince Russo, allontanato in precedenza ed etichettato come persona non grata, è ancora una voce straordinariamente influente sul prodotto creativo TNA. Questo incidente, così apparentemente insignificante, incrina inevitabilmente i rapporti esistenti di fiducia reciproca, ed è un ottimo pretesto per tagliare un rapporto, evidentemente, meno proficuo del previsto: la TNA rimane in un limbo per qualche mese, offrendo nel contempo un prodotto mai così coerente e gradevole che purtroppo viene tinto da una provvisorietà che finisce con il renderlo poco godibile. Poche settimane fa l’annuncio del nuovo rapporto con Destination America, con il corollario “non c’era nulla di meglio” attaccato in modo abbastanza netto.

Dunque è lecito parlare di fallimento. E’ opportuno parlare di retrocessione. Sarebbe fantastico, in verità, parlare tuttavia di redenzione. La TNA, con questa nuova casa, avrà una nuova occasione: contratti pesanti potrebbero essere non rinnovati, e la federazione potrebbe decidere di intraprendere un nuovo percorso creativo partendo non da zero, ma da tre come diceva Troisi. James Storm, Roode, Aries e pochi altri potrebbero essere i “veterani” in grado di far esplodere gli EC3 sparsi in qualche luogo, li fuori. Il wrestling ha bisogno di una TNA, i talenti che non trovano spazio in WWE necessitano di una casa dove esprimersi, che si chiami ROH, Lucha Underground o Impact.

TNA, sei stata rimandata a…Febbraio. Che sia il primo passo di una maturazione in grado di portare ad una promozione piena.

Danilo