Aveva un carattere un po’ particolare, un aspetto misto, una forza disumana, due giorni di compleanno e una lingua di fuoco. Aveva il dono della sincerità, molti difetti e una cosa che quasi mai nessuno si ricorda: un cuore.
Si è trasformato nel corso degli anni nel nemico di se stesso, sporcato da un modo di fare bruto, dal vizio di essere vero e dalla voglia di non finire nel dimenticatoio. Un voglia che lo ha aiutato nei suoi primi anni di vita, senza acqua, soldi e spesso nemmeno cibo, a risalire la china senza mai fermarsi, seguendo l’esempio di un eroe iraniano e immortalando la sua immagine nella mente per non perdersi mai d’animo.
The Iron Sheik, al secolo Hossein Khosrow Ali Vaziri, nasce nel 1942, nel mezzo di una guerra che stava dilaniando il mondo. Nasce in un paese dove la diversità sociale era estrema, e solo grazie alle schiene piegate e spesso spezzate dei suoi genitori, e riuscito a diventare qualcuno. Prima nel Wrestling amatoriale, poi, ironia della sorte, a proteggere lo Shah, proprio quello Shah che come i suoi predecessori, aveva contribuito nel corso degli anni, dei decenni, a creare quel divario che aveva spinto la sua famiglia fra le file degli ultimi.
La sua storia, in realtà, non è la classica storia triste, quella del Wrestler che si autodistrugge per arrivare a realizzare un sogno. La sua storia è quella di una grande conquista, col lavoro e con il sudore, e che diventa buffa, sul finire, per quella straripante voglia di essere ricordato. Ognuno, purtroppo, ha i suoi difetti, e il difetto del povero Sheik, era proprio quello di non voler passare di moda.
E’ stato un campione del mondo, non una cosa per tutti a quei tempi, e seppur lo sia stato soltanto per far transitare quella cintura da Bob Backlund ad Hulk Hogan, è scritto in quell’albo e il suo solco è stato importante, importantissimo. Lo è stato perché essere un campione per poco, soltanto per gli altri, non è mai una cosa facile, perché non è facile non essere dimenticato. Ed almeno in questo caso, Sheik, riuscì nel suo intento. Da trampolino di lancio per Hogan, è diventato una colonna, che forse, a quell’ Hogan, lo avrebbe volentieri cancellato dalla sua carriera.
La vita è andata avanti e l’età ha cominciato presto a farsi sentire. Il suo non abuso di medicinali, almeno non come il resto, lo ha aiutato a vivere di più, ma lo ha anche aiutato a ritirarsi prima, dandogli modo soltanto di prendere parte a convention, reunion e ad uno strano protagonismo sul web.
Un personaggio eccezionale The Iron Sheik, che ha vissuto sempre e soltanto come ha voluto, dando al lavoro la giusta importanza, senza che questo travalicasse i limiti della vita, una vita che tanto duramente si era guadagnato da piccolo. Bisogna ricordarsi dell’iraniano non come il resto dei lottatori, ma come uno che ha saputo, ed è più unico che raro, farsi da parte al momento giusto, per se stesso e per i suoi cari. Ha pensato un po’ meno alle urla dei fan, e un po’ di più a se stesso, e giudicando le tristi fini di molti dei suoi colleghi, direi che è stata la scelta giusta.
Grazie, come sempre, come a tutti, anche a The Iron Sheik, un altro pezzo di storia del Wrestling che ci lascia. Sono sicuro però, almeno stavolta, che non abbia versato nemmeno una lacrima, si sarà semplicemente girato verso la terra, mentre ascendeva chissà dove, e avrà detto, senza computer, web o microfoni davanti, il più classico dei suoi “F**k You!”