Ha cercato di raccontare la sua storia per anni, a tutti coloro che lo incontravano. Ha cercato di far capire, con parole e soprattutto gesti, che quella disciplina non lo avrebbe ucciso. Mai. Ha conquistato la fiducia di qualcuno, e le porte in faccia di qualcun altro. Non ha sentito ragioni ed è andato dritto per la sua strada, senza chiedersi troppo il perché, e quindi senza saperlo, ma cercando, quel perché, di spiegarlo agli altri. Era ovvio, che in queste circostanze, soltanto chi era nato sotto una stella simile alla sua potesse capirlo, gli altri, inevitabilmente, si sono rassegnati a non capire.
La sua famiglia l’ha preso per pazzo, quando tornando a casa da scuola, un giorno, disse di non voler studiare, ma di voler fare il Professional Wrestler. Insulso, incomprensibile, per un padre e per una madre. Fare il Wrestler non è un lavoro, o comunque lo è per pochi. Nel tentativo inutile di spiegare quel perché che nemmeno lui sapeva, si ritrovò già sul Ring. Si chiamava Grant Amos Berkland, ma da quel giorno, nel quale ha ballato con gli avversari al ritmo delle molle di un quadrato da combattimento, il suo nome diventò Danny Havoc.
Suo padre gliel’aveva detto: “Se non sfondi, passerai anni di fame. E se non passerai anni di fame, dovrai farti male per davvero”. Non era un problema. In quella stella sotto la quale era nato, era già tutto scritto. Danny non lo sapeva, e infatti non sapeva spiegarlo, ma correva verso quel qualcosa per il quale era stato geneticamente creato, un istinto animale, come un cucciolo che va al seno, come un predatore che insegue il suo pasto, come un cavallo arabo che monta la futura madre dei suoi puledri.
Il sangue era dappertutto, la prima volta. Lo spavento c’era, e la pressione sanguigna era bassa. Ma l’adrenalina agitava comunque quel cuore, che a metà fra biologia e anima, impazzava chiedendone ancora. Un cuore che, per ironia della sorte, lo stava facendo vivere a mille prima di precipitare nella piattezza dell’ asistolia.
Diventò pian piano famoso, seppur non come sperava. La sua famiglia non era comunque contenta, ma cominciavano a rassegnarsi, oltre che a non capire, anche al fatto che il loro figlio aveva scelto la sua strada, dura, cruda, rossa, ma comunque una strada e magari, se avesse continuato, qualcosa di buono lo avrebbe anche potuto portare. L’impegno in effetti non mancava. Il suo stile era quello disperato della maggior parte dei Wrestler Hardcore, dei Death Match, ma quella sottile linea che intercettava il suo istinto lo aveva convinto a metterci anche qualcosa di suo, oltre al fuoco, oltre al ferro, oltre alla pece.
Mentre diventava uno dei più grandi lottatori estremi della storia della disciplina, inseriva le pillole della sua tecnica e delle sue capacità nei suoi incontri, perché non si sa mai, probabilmente pensava, magari qualcuno vede qualche video, magari qualcuno comincia a sentire il mio nome in continuazione. Magari la mia famiglia non avrà mai ragione.
La Combat Zone Wrestling, trampolino di lancio per molti dei suoi colleghi, per lui diventa una casa. Dagli albori dell’addestramento, con personaggi come Chris Hero o Mike Quanckenbush, gente che come lui aveva messo del proprio in tutto quel caos di violenza, aveva sempre lavorato sodo aspettando la grande occasione, che purtroppo, mentre il tempo passava, non è mai arrivata.
Intanto conosce Brianne, la donna della sua vita. Conosce il secondo motivo per il quale è venuto al mondo, conosce il secondo motivo per il quale morirà. O chissà, semplicemente l’unico motivo per il quale morirà. Già, perché quando sei uno degli uomini più duri in un ambiente fatto di uomini duri, è difficile pensare che il tuo motore, resistente all’estremo più alto, possa spegnersi per una semplice sofferenza d’animo. E invece, tristemente, romanticamente, eroicamente, fu cosi.
Grant sposa Brianne nel 2018. Un infarto se la porta via nel 2020.
Non conta più molto. Non conta praticamente niente. Danny Havoc e Grant Amos Berkland si dimenticano di tutto. Famiglia, Ring, compagni, allenatori, Combat Zone Wrestling, ancora altri Ring. Si dimenticano il motivo per il quale sono venuti al mondo. Si dimenticano la stella, non cercano più il perché inseguito per anni. Non sono più guidati dall’istinto. Non possono più cacciare, rafforzare la propria razza o semplicemente nutrirsi. E quindi, si spengono.
Due mesi dopo la morte di Brianne, se ne va anche Danny, per un altro infarto. Quel cuore che aveva sanguinato sofferenza e speranza, non regge alla rottura del suo specchio. Brianne è stata come una malattia, che è arrivata, si è stabilita, è stata sconfitta ma poi, quando è andata via, ha lasciato delle aderenze sulle pareti.
Per lo meno saranno insieme, Danny e Brianne. Ora non dovranno più pensare né al successo né al denaro. Né all’approvazione di chi gli sta accanto né a quella dei fan. Adesso devono soltanto pensare a vivere la loro eternità insieme, curandosi solo di guardarsi negli occhi, fino alla fine dei tempi, fino a che non ci sia una fine.