Il wrestling è spesso bistrattato e, ingiustamente, considerato alla stregua di una pagliacciata, di un’americanata diseducativa, fatta di “bestioni che se le danno per finta” e che “sono pieni di sostanze dopanti”; quante volte noi appassionati ci siamo sentiti dire frasi del genere da persone che, probabilmente, hanno solo sentito parlare della nostra disciplina preferita?

Per fortuna, la realtà è ben diversa; infatti, innanzitutto, il wrestling è un fenomeno che va aldilà dei sopraccitati luoghi comuni, in grado di divertire e appassionare come pochi altri spettacoli televisivi nonché portato avanti da veri atleti che si allenano e si sacrificano ogni giorno, mettendo continuamente in gioco la propria incolumità fisica, in barba a chi va predicando la sua “finzione”. Inoltre, non è raro che esso fornisca interessanti spunti di riflessione sulla società attuale, talvolta di carattere puramente filosofico; prendiamo, ad esempio, la gimmick di Bray Wyatt.

Fin dal primo momento, questo personaggio è stato in grado di attirare la mia attenzione (e non solo la mia, vero?) per ciò che rappresenta: Bray Wyatt è un uomo misterioso, un “reietto” che si presenta a noi come un rivoluzionario, pronto a scuotere le fondamenta della società moderna, basata su certi modelli di vita subdolamente veicolati dal “sistema” (la “machine” cui Wyatt ha spesso fatto riferimento nei suoi promo) attraverso un continuo lavaggio del cervello da parte dei mezzi di comunicazione di massa, e in cui la maggior parte degli uomini è ridotta al ruolo di mero ingranaggio di tale struttura mastodontica e costretta a condurre una vita “meccanizzata” e poco appagante, passata ad eseguire ordini al lavoro e a conformarsi a certi status prestabiliti nella vita sociale, diventando vittima di quel fenomeno che Marx chiamava alienazione, che altro non è se non l’estraneità dell’uomo rispetto alla propria essenza stessa, ossia la libertà.

E’ per questo motivo che, in un mondo ormai corrotto, i cui abitanti sono privi di identità e di valori morali, Bray Wyatt ha più volte affermato di essere un mostro, il cui scopo è quello di distruggere una volta per tutte quelle che sono le sovrastrutture della società di oggi; Wyatt è, insomma, l’amara medicina, il male necessario che vuole guidare l’umanità tutta verso la rinascita, verso la fondazione di un nuovo mondo, partendo dalle ceneri di quello attuale che egli vorrebbe dare alle fiamme e lasciar bruciare fino a quando il veleno che vi è in esso non sarà del tutto debellato.

Ora, Bray Wyatt è pur sempre un personaggio fittizio, frutto delle menti degli autori della WWE e delle ottime capacità recitative di Windham Rotunda; ciononostante, sono numerosi i punti di contatto tra le parole del leader della Wyatt Family e la realtà di tutti i giorni che ci circonda.

Non è forse vero che anche noi siamo costretti dalla società a conformarci a certi status symbol stereotipati? Non è forse vero che stiamo vivendo un periodo di assoluta decadenza valoriale? Non è forse vero che i media cercano di imporci presunti idoli dalla dubbia caratura morale?

In questo contesto, si fa sempre più pressante l’esigenza di una rivoluzione culturale, che allontani l’uomo dall’irrefrenabile desiderio di possedere e apparire e che permetta di riscoprire i valori essenziali della vita, quali l’umiltà, l’onestà, e lo spirito di sacrificio.

E’ questo l’obiettivo di Bray Wyatt, che afferma di battersi per i bambini, a cui vuole dare un esempio positivo da seguire, per i senzatetto, costretti a mendicare per le strade perché la società non li ha ritenuti sufficientemente capaci di vivere in essa, e per quegli adolescenti che soffrono a causa del loro aspetto fisico lontano da certi standard, che li rende oggetto di scherno da parte dei coetanei. Insomma, Bray Wyatt sta dalla parte degli esclusi, dei disadattati, di coloro che, come lui, sono stati allontanati da una società che non li ha voluti, fra i quali si sente un dio e che, adesso, vuole assurgere a guida morale e spirituale anche per tutti gli altri, imprigionati nelle catene della quotidianità di una vita che è stata programmata per loro dalla società di cui fanno parte e che sono incapaci di prenderne consapevolezza.

Alla luce di queste riflessioni, appare evidente che non sia un caso il fatto che egli abbia preso di mira proprio John Cena, il volto della WWE dentro e fuori dal ring, l’idolo imposto ai fan dai dirigenti di Stamford che incarna quegli status symbol sopraccitati e che Bray Wyatt vuole distruggere insieme a lui. Analogamente, non è casuale che Jerry Lawler sia stato sul punto di subire una bella lezione, fino all’intervento salvifico dello stesso Cena e degli Usos; egli, infatti, nel proprio ruolo di commentatore, ha più volte tessuto le lodi della Superstar di West Newbury, presentandolo al WWE Universe come un vero eroe e, dunque, macchiandosi del “reato” di brain-washing, di lavaggio del cervello dei tantissimi appassionati di wrestling, soprattutto quelli in tenera età, i quali hanno iniziato ad amare John Cena e a voler diventare come lui, seguendo quello che per Bray Wyatt è nulla di più di un falso idolo che, come tale, andrebbe smascherato e gettato nell’oblio.

Facendo un parallelo con la vita reale, quante volte i conduttori dei telegiornali e, in generale, di certi programmi televisivi hanno cercato di distorcere la realtà e indurci a idolatrare alcuni soggetti (in diversi ambiti, politici e non solo), facendoli passare per salvatori della patria e mettendone in risalto alcuni aspetti positivi, a discapito dei tanti altri elementi negativi che ruotano attorno alla loro persona?

Ora, io non so se Bray Wyatt riuscirà a sconfiggere John Cena a Payback, e a dare il via a questa rivoluzione etico-morale di cui egli vuole essere il leader; tuttavia, sono sicuro di una cosa: qualora dovessi trovarmi di fronte a qualcuno che guarda al wrestling come ad una forma di intrattenimento di basso livello, saprei certamente che egli stia dicendo una balla colossale.

 

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