Era difficile pensare che CM Punk non facesse un riferimento ad altri lidi che lo hanno reso grande nel promo di Rampage. Era difficile pensare il contrario dopo le accuse, le carte bollate, lo scontro coi medici che non lo volevano curare, le continue ripicche reciproche. Pensa di essere nel giusto e lo fa valere. Io non sono qua per giudicare le due posizioni. Ma posso addentrarmi in quella frase: sono uscito dal pro wrestling nel 2005, ci ritorno nel 2021.

L’affronto di CM Punk

Per molti, quella frase è stata un affronto. Il commento più benevolo è stato: sputa nel piatto in cui ha mangiato (e piuttosto bene) per anni. Un ragazzo sulla pagina Facebook di Zona Wrestling ha segnalato come tra il pro wrestling e lo sport spettacolo non ci sia differenza, siano la stessa identica cosa. Dunque di che va farneticando il buon Brooks?

Forse i tanti schiaffi presi in MMA gli han fatto male. Forse. Eppure Punk in quelle parole ha pienamente ragione. E non ha ragione perché io possa essere un suo mark o un fanboy della AEW. Ce l’ha perché è la WWE a dircelo: non hanno wrestler, ma superstar; non fanno pro wrestling ma sport entertainment. Lo dice la WWE in tutti i suoi claim.

Il pro wrestling è spettacolo?

Tutto quello che vedete sul ring è spettacolo. Dalle chop di Tomohiro Ishii ai danni di Shingo agli svolazzi di Ricochet e Will Ospreay, dalle prese a terra di Zack Sabre e Timothy Thatcher al sangue sgorgato tra Nick Gage e Rickey Shane Page, dalle combinazioni buffe tra Orange Cassidy e Kikutaro alla durezza di Jon Moxley e Josh Barnett: bello o brutto che sia, è spettacolo.

Ma ci sono modi e modi in cui viene declinato. L’errore di fondo di chi ha seguito il wrestling negli ultimi 20 anni è stato quello di pensare che il wrestling fosse sinonimo di WWE. Dunque che al di fuori non esistesse nient’altro. Sarebbe come dire che il rock in Italia sia di Vasco Rossi. E invece non è così: Vasco usa il rock per fare spettacolo, altre band (Afterhours, Marlene Kuntz, Verdena per citare le più famose) danno spettacolo suonando il rock. Sono due punti diversi di uno stesso obiettivo.

CM Punk è davvero tornato al pro wrestling

Alla fine CM Punk ha ragione. È una questione di prodotto, di target e di finalità. La Ring Of Honor del 2005 era ben diversa dalla WWE di allora e di oggi. Faceva pro wrestling in maniera pura e riconoscibile. Lasciava fuori dal ring i frizzi e i lazzi, quella sensazione da circo che ancora oggi rincorre la compagnia dei McMahon (basta vedere alcuni segmenti di Summerslam, impossibili da vedere altrove).

La AEW come prodotto è più simile a quel che Punk vorrebbe. Fa spettacolo? Sì. Fa pro wrestling? Sì, ovvio. Il riferimento di Tony Khan e di Cody Rhodes è la NWA degli anni ‘80 con Dusty Rhodes al timone e Ric Flair campione, dove c’era raro spazio per ciò che non fossero le botte sul ring.

La WWE rappresenta una larga parte di pubblico che non necessariamente segue il wrestling per i match, ma per tutto ciò che lo circonda. Per questo motivo R-Truth vince i titoli in modo comico, Melina si fa la doccia e urla contro Hornswoggle, Ziggler è il conquistatore , Lana tradisce il marito, The Miz viene mangiato dagli zombie o Alexa parla con le bambole.

Dunque?

Dunque non prendetevela con Punk. Non dice nulla di diverso dalla verità.

Se Vince McMahon fosse stato a Rampage gli avrebbe detto: è vero, noi non facciamo pro wrestling. Siamo molto di più di questo. Siamo spettacolo: show di wrestling, Wrestlemania weekend, podcast, programmi tv, programmi radio, film per il cinema, film per la tv, reality show, game show. Facciamo tutto noi. Siamo una azienda che fattura milioni e milioni di dollari all’anno. Sempre in attivo.

Ora però per Punk è giunta l’ora di fare pro wrestling. Lo so, avrà i fucili spianati, pronti a dire che a 43 anni non può far match interessanti o a 5 stelle. Ma se è questo che vuole, deve prendersi tutto. Deve prendersi Allin, Omega, MJF, Guevara, tutti i giovani che vuole. E deve prendersi le sfide in NJPW, qualche booking fuori dalla AEW, incontri che sognava da tempo. Alla fine, solo alla fine, tireremo le somme.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.