Le compagnie di wrestling, in fase di scrittura delle storyline e relativa scelta dei campioni, secondo voi hanno pudore nei loro ragionamenti? Esiste una qualche regola non scritta che inizia dall’inizio del Novecento e arriva fino ad oggi? Qual è il filo rosso che collega Buddy Rogers e Drew McIntyre? 
Non mi voglio soffermare su Drew oggi, non mi piace per niente, ma il mio sarebbe solo un punto di vista soggettivo, tra i tanti, oggi riflettevo su come il lockdown abbia variato alcune regole, non scritte giustappunto.
Ho l’impressione che alcune scelte che la WWE ha fatto dal post Wrestlemania ad oggi, siano totalmente libere, non influenzate dalla paura di una cattiva reazione del pubblico nell’arena e addirittura neanche preoccupata da ratings in calo.


La situazione attuale non ha precedenti e tanto vale rilassarsi in questo periodo, senza mettersi pressione addosso. Se Drew vs Seth era in programma da mesi, Braun vs Bray è buttarla leggermente in caciara.
Non si tratta di “sperimentare”, quello che stiamo vedendo non ha niente di sperimentale, neanche i famigerati match cinematografici che resteranno fini a sé stessi nella storia del wrestling. Si tolgono alcuni preconcetti, che magari in passato ci hanno auto sabotato e affrontiamo le cose come vengono.


Austin Theory vale Andrade, Drew McIntyre vale Brock Lesnar, Seth Rollins vale Miz. In questo periodo in cui non esiste feedback: uno vale uno. Chi sposta gli equilibri? Nessuno li sposta. La WWE è convinta che tutto vada bene o quanto meno nell’ordine della decenza continuando dritto come quanto detto sopra.
E sapete una cosa? Mi piace, ne sono affascinato. Questa chiave di lettura, che pone Vince McMahon e Triple H nella condizione di libertà quasi totale di scrivere, correggere, sbagliare, porre l’accento su certi personaggi, alcuni per valorizzarli, altri per mal gestirli è quanto di meglio sia capitato al pro-wrestling negli ultimi vent’anni. L’utopia della WWE macchina da guerra che non sbaglia un colpo nelle oltre dieci ore di programmazione tv settimanale che ci hanno cercato di propinare per anni, è, come detto, un’utopia. Questi obiettivi (irrealistici), o “imaginary brass rings” come direbbe un tizio di Chicago, per anni sono stati essi stessi il più grande nemico della WWE, ancor più della TNA prima e la AEW adesso.


E allora liberi tutti, perché in questa situazione i limiti escono meno. Non tutti a casa, guardando la tv, hanno gli “strumenti” per valutare cosa è buono e cosa no. Immaginate di andare a vedere uno sport di cui non conoscete le regole o quasi, senza nessuno che vi “guidi” neanche al commento sugli errori e le belle azioni di gioco; la vostra impressione sarà quella di divertirvi, apprezzando il gesto atletico. Ecco lo stesso è per l’80% di chi segue Raw. Senza le reazioni del pubblico molti sono persi. Chi non ha il riferimento culturale di un promo di Dusty Rhodes, dice che Drew non è poi così male al microfono, chi non ha il riferimento culturale di Bret Hart può pensare che Seth Rollins sia tra i migliori performer di sempre. È tutto relativo.


Se l’era moderna ci ha messo, democraticamente, alla pari, questa situazione abbassa anche le nostre pretese, pensando che tutti alla fine “si impegnano” e in fin dei conti fanno un gran lavoro. A maggior ragione adesso in cui praticamente tutte le indy sono ferme, Giappone comprese, pur di vedere wrestling, potremmo addirittura vedere del buono in Dexter Lumis, Otis e Mia Yim. Torneremo ad alzare le pretese, per adesso, va bene Bray vs Braun. Chissenefrega (?).