Parlando e pensando a quello che propone la WWE oggi, più di una volta sono caduto a cercare di capire che cosa davvero la compagnia volesse proporre con quel Character fuori tempo e fuori  moda di Bray Wyatt. Spesso però, nel pensare al caos creato da Vince McMahon attorno al figlio di Mike Rotunda, comincio a pensare non solo a suo padre, ma anche a suo zio e soprattutto a suo nonno, Black Jack Mulligan, uno che, se ancora oggi fosse negli uffici importanti, sono sicuro darebbe una bella lezione di lealtà a tutti coloro che hanno prima promesso, e poi estromesso, il successo della Gimmick di suo nipote, e perché no, a coloro che stanno offrendo questo trattamento all’altro suo nipote, Bo Dallas.

 

Ci sono diverse storie infatti, che parlano della lealtà e della durezza di Robert Deroy Windham, questo il suo vero  nome, nei confronti di colleghi, amici e della sua stessa persona. Una di queste, per esempio, la racconta Manny Fernandez, un Wrestler di origini messicane nato a El Paso, Texas, nella parte statunitense crocevia fra due popoli ancora oggi completamente diversi.

Manny racconta di una serata passata insieme a Mulligan e André The Giant, dopo uno Show nel quale c’era stata una Battle Royal. I due erano andati insieme a Manny nel suo appartamento, per passare qualche ora insieme e “non” parlare del lavoro che avevano appena svolto. Come ricorda il Wrestler infatti, all’epoca i lottatori non erano Superstar, ma semplici combattenti che una volta finita la serata, tendevano a pensare a divertirsi alla vecchia maniera, giocando pesante, bevendo e, in questo caso, sfasciando case.

Dopo tre o quattro bicchieri di tequila, e attenzione, bicchieri veri, il povero Manny era steso al tappeto inebriato dai fumi dell’alcol. André aveva deciso che in quanto messicano, o almeno originario della vecchia terra Maya, doveva bere tequila e reggerla all’inverosimile. Manny però era umano, non pesava 200 kg e non aveva le stesse capacità del gigante “alcolicamente” parlando. Sta di fatto che steso nel tappeto della sua stessa casa, ricorda di un André e di un Mulligan impegnati in una partita di Cribbage, un particolare gioco fattibile con un mazzo di carte da 52 e una tavolozza segna punti. Manny ricorda, o meglio non ricorda, se fossero 10 o 12 i dollari in palio, ma ricorda che qualcosa scatenò le ire di Mulligan.

Qualunque cosa fosse successa a quel tavolo, non doveva essere andata a genio al lottatore di Tampa che, senza nessun timore o precauzione, colpi fortissimo André con un pugno.

In quel momento Manny racconta di essere tornato immediatamente in se stesso, almeno per qualche minuto, e di aver pensato che la sua casa stava per essere distrutta. Non aveva torto. L’onore di Black Jack Mulligan aveva dato vita ad una rissa fra lui e uno degli uomini più rispettati dell’intero Business, che però, dopo qualche bicchiere in più, spesso passava il limite. Non esisteva timore riverenziale, però, per il cowboy del Ring.

André si limitò a non cadere, a ridere e ad affermare con semplicità e chiarezza: -Ok, adesso dovremmo prenderci a pugni-.

Manny non riesce a fornire dettagli, se non tre: ciò che successe è la classica rissa da saloon, quelle che si vedono nei film, quando il fuggitivo cerca di scappare dallo sceriffo e dai suoi scagnozzi; la sua casa il giorno  dopo era un disastro, che probabilmente un uragano non avrebbe malridotto tanto; André the Giante Black e Jack Mulligan andarono via insieme, ridendo di ciò che era appena accaduto e consapevoli che prima o poi, in qualche angolo del mondo, quell’aneddoto sarebbe venuto a galla.

 

Un’altra storia che riguarda Black Jack, la sua lealtà e il suo onore, l’ha raccontata invece Eric Bischoff. Erano i tempi della World Championship Wrestling, quella giovane, quella non ancora a stretto contatto con il Main Stream. Bischoff racconta di Ole Anderson, altro Wrestler tanto famoso sugli schermi dell’epoca, quanto duro nella vita di tutti i giorni, e di come il suo posto nella compagnia fosse in pericolo. L’approssimarsi del grande progetto anti-WWE stava per lasciarlo fuori dai giochi, ma Bischoff decise che non fosse il caso di privarsi di un uomo come lui. Cosi, grazie ai poteri che possedeva all’epoca in quella WCW, decise di spostare Ole Anderson al Power Plant, la fucina di talenti che all’epoca riforniva la compagnia di Ted Turner e quello che poi sarebbe diventato Monday Nitro.

Nel suo racconto il buon Eric, ricorda di come nel Power Plant c’era da qualche tempo anche Black Jack Mulligan, un grande ex del circuito che qualche tempo prima gli aveva chiesto qualcosa da fare, dato che veniva da due anni di galera insieme a suo figlio Kendall per un reato leggero ma comunque compromettente. Ora, sia suo figlio Kendall che suo figlio Barry erano Pro Wrestler, ma lui non aveva più l’età e aveva bisogno di fare qualcosa. Eric Bischoff quindi, in onore del nome che portava e di ciò che aveva sempre dato alla disciplina, lo mandò al Power Plant, per insegnare ai giovani talenti che cosa significasse davvero essere un Pro Wrestler e che cosa significasse essere un vero duro.

Il problema però, nacque quando Black Jack e Ole si incontrarono. Fino a quel momento non c’erano mai stati contrasti fra i due, ma Ole riuscì ugualmente a scatenare le ire di Mulligan. Il membro della “famiglia” Anderson infatti, ebbe da ridire sull’operato di Eric Bischoff, sul perché stesse assumendo cosi tanto potere e affermò che non gli andava affatto bene che lo avesse mandato a lavorare al Power Plant. Mulligan, leale fino in fondo all’uomo che nel periodo più grigio della sua vita gli diede un lavoro e lo aiutò, schiaffeggiò letteralmente Ole, facendolo vacillare fino a farlo cadere e mettendo in chiaro le cose: Eric Bischoff non doveva essere criticato o esposto ai giovani con cattive parole.

Anche Ric Flair, nella stessa intervista di Eric Bischoff, ricordò come quella non fu la unica volta nella quale Black Jack prese le difese di Bischoff, raccontando come siano state per lo meno 5 o 6 le volte nelle quali qualcuno, incosciente e senza onore, avesse dovuto subire le ire di Black Jack Mulligan, l’uomo più leale che quel periodo di vecchie volpi, bastardi, cinici e rampicatori sociali, il mondo del Wrestling abbia conosciuto.