La settimana scorsa abbiamo discusso assieme del passaggio di Ronda dalla UFC alla WWE: ora è il momento di attraversare lo specchio, analizzando il piu´eclatante caso inverso, ossia CM Punk, reduce dal suo secondo incontro (con conseguente sconfitta annessa) in UFC appena quattro giorni fa.

 

Ognuno di noi ha un’opinione su CM Punk. Che si ami o si odi, questo personaggio è stato uno dei wrestler maggiormente influenti della sua generazione ed al pari di Ronda Rousey, l’autore di una vera e propria rivoluzione filosofica avvenuta in WWE.

Nessun wrestler “indy” prima di Punk era riuscito a rompere quell’invisibile muro di vetro che separava il midcard dal Main Event…ma Punk riusci´a fare anche di piu´. Con la sua celeberrima Pipebomb, CM Punk è divenuto l’uomo di punta della federazione: il suo merchandising vendeva a tratti piu´di quello di Cena, il suo status divenne di livello assoluto, la connessione con il pubblico era genuina, assoluta, elettrizzante, al punto di convincere la Federazione a rendere questo wrestler “indy” il Campione con il regno titolato piu´lungo degli ultimi anni. Senza la rivoluzione iniziata da CM Punk, non avremmo avuto il fenomeno Bryan. Non avremmo avuto la corrente reincarnazione di NXT, come anticamera del paradiso tra zona indy e zona WWE. Non avremmo visto AJ Styles, Kevin Owens, Sami Zayn, Nakamura, Bálor, Rollis, Samoa Joe in WWE, o almeno non con il livello di successo a loro affidato. Un rivoluzionario vero, nonostante i palesi limiti caratteriali che lo hanno da sempre contraddistinto, e che probabilmente lo hanno reso una delle figure maggiormente importanti della storia del wrestling moderno.

Dopo numerosi screzi, e probabilmente nel momento in cui ha avuto la percezione di non poter vivere la WWE da non protagonista, CM Punk decide di lasciare la federazione per imbarcarsi in una nuova avventura, ossia quella delle MMA. Fan di vecchia data della UFC, lottatore di Jiu Jitsu a livello discreto, dotato di uno starpower notevole: Dana White non poteva di certo farsi scappare questa occasione, e decide di mettere sotto contratto il nostro Phil Brooks.

La decisione di White, all’epoca, fece abbastanza scalpore: la UFC non è la WWE, si parla di uno sport vero, dove solo l’eccellenza delle MMA puo´sognare di accedervi. Che senso ha mettere sotto contratto un wrestler all’epoca 36enne, senza esperienza di sport di combattimento (se non erudimenti di jiu jitsu e kenpo), con numerosi acciacchi? E´presto detto.

Alla fine del 2014, la UFC si regge esenzialmente sulle spalle di Ronda Rousey, nel pieno del suo successo. Anderson Silva invecchiato, GSP ritirato, Lesnar non piu´disponibile, Jones con i suoi numerosi problemi, Conor non ancora esploso: la UFC ha bisogno di stelle da mandare in PPV, in un periodo in cui la crescita esponenziale del marchio sembrava essersi fermata. CM Punk, come detto, è reduce da un successo quasi planetario, ed i fan di wrestlers di successo hanno gia´dimostrato di poter dimostrare interesse anche per le MMA al fine di seguire i propri beniamini…basti pensare a Brock Lesnar, la maggior attrazione della storia della UFC sino a quel momento.

Ed i numeri di UFC 203 danno ragione a Dana White. In una card con in palio il Titolo dei Pesi Massimi tra due atleti all’epoca piuttosto indifferenti alle masse (Overeem non ha “assorbito” lo starpower di Lesnar nonostante la sua vittoria contro la Bestia e Miocic non aveva ancora fatto breccia nei cuori dei fans), un undercard senza nomi di punta, il motivo di principale interesse è proprio l’esordio di CM Punk. L’evento registra quasi 500mila acquisti, confermando ancora una volta che lo starpower di questo personaggio esiste e persiste. Cosi´come l’odiato e diniegato crossover. Non a caso, nonostante la magra figura (contro un signor lottatore) la UFC decide di dargli un’ulteriore possibilitá dopo un supplementare biennio di allenamenti. Arriviamo dunque allo scorso sabato sera.

Contrariamente a Mickey Gall, giovane lottatore decisamente interessante in senso prospettico, l’avversario di CM Punk sembrava essere piuttosto alla sua portata. E´vero che parliamo di un lottatore, e non un ex wrestler: esperienza come boxer (imbattuto), kickboxer, vincitore del 2011 Houston Golden Gloves Champion…insomma, non necessariamente un brocco. Tuttavia “The Truth” è catalogabile come una personalitá appartenente ai media piu´che alle MMA lottate, dunque considerando che da 4 anni CM Punk si allena in una delle migliori palestre del mondo, sarebbe stato legittimo pensare ad una possibilitá di successo maggiormente concreta.

Il primo round inizia in modo piuttosto strano. CM Punk sembra rigido, cerca di attaccare le gambe dell’avversario con dei calci piuttosto grossolani, accennando un paio di volte addirittura uno spin alla fine (dare le spalle all’avversario dopo aver sferrato un colpo non è mai una mossa savia). Nel corso dei primi 5 minuti incassa numerosi colpi al volto, ma quelli che sembrano essere piu´efficaci sono quelli sferrati al corpo dopo combinazioni piuttosto basilari. Verso la fine Punk mette a segno un faticato takedown, ma è troppo stanco per mantenere li l’avversario che si rialza, assestando un’ulteriore combo al corpo. A mio modesto avviso il primo round è comunque di Jackson, ma non in  modo estremamente lapalissiano. Storia diversa da qui in avanti.

Il secondo ed il terzo round sono a senso unico (10-8 o addirittura 7), con Punk che incassa senza sosta al volto ed al corpo, visibilmente a corto di fiato e di idee. Emblematica una fase del match: Punk schiena a terra, Jackson in full mount ed il beniamino di casa che cerca di prendere a pugni l’avversario dal tappeto. Un errore da amatore (non puoi dare forza ai tuoi colpi da schienato), sintomo di stanchezza, mancanza di freddezza e preparazione: il suo corner è visibilmente frustrato dall’evento, e smette di dare consigli pratici ad un atleta che oramai pensa solo a sopravvivere. Ed il merito di Punk è stato quello: sopravvivere e mettersi in gioco.

Ripeto, 4 anni passati in una delle palestre migliori del mondo lasciavano sperare almeno un tentativo di offensiva efficace, o una fase difensiva sapiente. Invece Punk mi ha dato l’impressione, in fin dei conti, di non essere adatto a combattere, nonostante la sua forza mentale e determinazione. Non c’è nulla di male: il 99% degli esseri umani sulla soglia dei 40 non si sarebbe mai messo in gioco come ha fatto lui, dunque l’uomo va rispettato enormemente per il suo coraggio. Il performer, tuttavia, non puo´ che essere bollato come inadeguato per questa performance piuttosto brutta da vedere, sia dal punto di vista tecnico che morale.

Vedere un personaggio che è stato cosi´grande in un contesto (uno dei miei preferiti di sempre) fallire in modo cosi´misero in un altro, soccombendo ad un atleta che definire mediocre sarebbe generoso, un pochino mi ha lasciato l’amaro in bocca: vogliamo trovare il lato positivo della storia nella sua resilienza, ma proprio per non deprimerci. Intendiamoci, se avesse mostrato almeno un minimo di competitivitá sarei stato meno severo nel giudizio. Jackson aveva troppa paura di chiudere il match per la sua implicita impreparazione a terra (per sua stessa ammissione), mentre Punk non aveva la minima idea su come portare l’incontro nel suo “mondo”. Detto cio´, cosa riserva il futuro per Phil Brooks?

Le alternative non mancano di certo. Per la prima volta dal suo addio, Punk in un’intervista con Ariel Helwani ha lasciato una porta aperta circa un suo ritorno nel mondo del wrestling, asserendo di non aver mai ricevuto un’offerta concreta da parte di nessuno. A questo aggiungiamo che Scott Coker e la Bellator sarebbero ben lieti di raccogliere le spoglie di questo lottatore trasandato riproponendolo come star (il match di Punk è secondo per bruttezza solo all’incontro in Bellator tra Kimbo Slice –RIP- e Dada 5000 -Almost RIP-), dunque se l’intenzione fosse quella di proseguire a 40 anni nella sua carriera da lottatore, di certo non mancherebbero alternative valide, visibili e ben remunerate: mettere nella stessa card Punk ed un lottatore come Michael “Venom” Page (se non sapete chi è, cercatelo) sarebbe una mossa decisamente furba per sfruttare efficacemente il nome di Phil Brooks.

Le previsioni di buyrates di UFC 225 dovrebbero poter dare una chiara indicazione circa il valore residuo del brand CM Punk. Fatto sta che l’esperimento in UFC sembrerebbe essersi concluso con successo per la federazione (che ha ottenuto dal lottatore di Chicago piu´di quanto fosse legittimo aspettarsi) ed un po´meno per il lottatore e per i suoi fan di vecchia data come chi vi scrive.

Perdonate la lunghezza dell’editoriale, ma l’argomento meritava qualche colonna in piu´. Ansioso di sentire la vostra in merito.