Ci si possono immaginare decine di avventure quando si pensa ai tanti viaggi che hanno affrontato insieme le centinaia, migliaia di Professional Wrestler che hanno calcato un Ring o contribuito a mettere in piedi uno Show. Ciò che vediamo oggi sul WWE Network, Ride Along, non è che un modo per riempire spazio sul canale internet della compagnia, un modo per mostrare come possono fraternizzare alcuni colleghi che viaggiano insieme. Ciò che però succede, forse, e succedeva, sicuramente, non è esattamente quello ci dice lo schermo. La vita di un lottatore, con problemi, imprevisti, cambi di programma, era tutta un’altra cosa, quando si era On The Road.

C’è lo può raccontare bene Jim Brunzell, che un giorno si trovò a dover tenere a bada una delle teste calde dell’epoca, un toro, perché questo era, che aveva deciso di fare, quella sera, esattamente tutto quello che gli veniva in testa, senza nessun contegno, nessuna remora, nessuna regola.

Sono gli anni ottanta e poco prima di uno spettacolo della American Wrestling Association, il Backstage è caldo. Caldissimo. C’è un canadese, uno lottatore che ormai sta arrivando alla fine della sua carriera, che ha fortissimi dolori sparsi in tutto il suo corpo, conseguenza di anni di lotte senza soste e senza cura alcuna. Quella sera il suo ginocchio lo sta facendo impazzire e il suo Match, in quelle condizioni, non può essere combattuto.

Nello stesso spogliatoio c’è un altro lottatore, uno che di queste cose se ne intende e che, proprio quella sera, decide di stappare il suo flacone di Painkiller per darne uno al compagno. Sa bene, Adrian Adonis, che con i dolori non si scherza e sa bene, soprattutto, che Mad Dog Vachon, non avrà una pensione, e questi suoi ultimi Show non possono saltare. Si deve salire sul Ring, si deve prendere l’assegno, a tutti i costi.

Fino a qui tutto normale, era questa una prassi consolidata, per quanto malsana, nei Backstage di tutta America. Il problema venne dopo. Mad Dog infatti, non prese quella pastiglia magica con un bel bicchierone d’acqua, ma con un altrettanto bella bottiglia di whisky. Non era un uomo debole di fronte all’alcol il maggiore dei fratelli Vachon, quindi si reggeva in piedi ancora con forza, dopo  la bevuta, ma tutto quel whisky rimase in circolo nel suo corpo, e quando, dopo la fine del suo Match, decise di bene una quantità di birra spropositata, la sua mente cominciò a vacillare.

La notte era ormai calata e quando tutti avevano lasciato l’Arena, Vachon decise di recarsi in un bar con uno dei suoi colleghi, Colonel DeBeers, con il quale, se ancora non bastasse, si scolò una bottiglia di vino rosso, intenso. Rosso come ormai erano le sue guance, e i suoi occhi. Rosso come il colore che vedeva, ormai dappertutto, quel toro.

A De Beers, vecchio orso dell’ambiente, non ci volle molto per capire che la situazione avrebbe potuto degenerare, cosi decise, cosciente che Mad Dog avrebbe detto di si, di fare una “canna”, un semplice spinello, per cercare di far rilassare il più possibile Vachon a poche ore dal volo privato che li avrebbe riportati in Minnesota. Ci riuscì, in parte, ma la serata non era ancora finita e il meglio, o il peggio, doveva ancora arrivare.

I due si trovarono all’aeroporto insieme agli altri colleghi con i quali avevano prenotato il volo, Bobby Heenan, Greg Gagne, Nick Bockwinkel e, appunto, Jim Branzell.

Per tutto il volo, Vachon, non fece altro che dare in escandescenza. Sfidava tutti i suoi colleghi a duello nell’aereo, continuava a bere e chiamava tutti “codardo”. I suoi compagni, consapevoli della buona indole naturale del toro, lasciavano perdere, anzi, ridevano  di lui senza fare troppo caso a quello che, ha detta loro, era soltanto un comportamento guidato dai fumi dell’alcol. Dovettero però ricredersi, quando, a circa metà volo, Vachon decise di fare qualcosa di abbastanza pericoloso.

Vachon si avvicinò a ognuno dei suoi compagni, affermando che di li a poco, avrebbe aperto le porte dell’aereo e buttato via la spazzatura, ovvero le bottiglie e le lattine ormai vuote. Nessuno inizialmente lo prese davvero sul serio, probabilmente perché convinti che la porta di un aereo non si potesse aprire in volo.  Nessuno però, aveva fatto i conti con il loro budget, quello che gli aveva fatto affittare un aereo economico, che in altre occasioni, probabilmente, veniva anche utilizzato da paracadutisti o simili.

Vachon diede un forte colpo alla porta, tirò e improvvisamente il portellone si aprì. Non chiedete, e non chiedetelo nemmeno a chi era presente, come l’improvvisa depressurizzazione del velivolo non si sia portato via Vachon. Ma cosi andò. Chiaramente la vita di tutti fu messa in pericolo, compresa la sua, e il comandante del volo non poté che effettuare un atterraggio d’emergenza all’aeroporto più vicino, non prima, però, che Mad Dog buttasse via non solo la spazzatura, ma anche buona parte dei bagagli suoi e dei suoi compagni.

Fortunatamente l’aereo atterrò senza problemi, con la polizia che aspettava sulla pista pronta a fare chiarezza sulla situazione. Vachon però non voleva saperne di cercare di placcare la sua iperattività, e cominciò a camminare nervosamente lungo la pista d’atterraggio. I poliziotti chiesero aiuto al resto dei lottatori, cosi che facessero ragionare Vachon, ma nessuno diede la sua disponibilità. Nessuno tranne uno: Jim Brunzell.

Branzell si avvicinò a Mad Dog e cercò inizialmente di  farlo ragionare a parole, ma quando la cosa degenerò, i due cominciarono a sferrarsi pugni dritti sul muso. Fu l’occasione che ebbe la polizia per ammanettare Vachon, che nonostante i tre uomini sopra, portò via agli agenti non meno di venti minuti. Finalmente riuscirono però a metterlo nella loro auto e a parlare con i suoi colleghi.

Incredibilmente, alla fine, si trovò un accordo. I Wrestler decisero di farsi carico, nonostante tutto, del loro collega, e assicurarono la polizia che lo avrebbero portato dritto a casa non appena il volo avesse messo ruota a Minneapolis. E cosi fu. Mad Dog alla fine si calmò, in concomitanza con il ritorno del dolore al suo ginocchio. I suoi compagni lo portarono a casa e finalmente, dopo una notte più che travagliata, ognuno poté finire nel suo letto senza nessun altro imprevisto.