In un periodo in cui il wrestling dovrebbe essere un pensiero accessorio rispetto a ben altre faccende di importanza decisamente superiore, la WWE è riuscita ancora una volta a far parlare di se, e questa volta non in maniera positiva o edificante.

Devo essere onesto, cerco sempre di evitare di parlar male in modo risoluto ed evidente della WWE o della AEW, in quanto non credo che in senso assoluto queste due realtà si comportino in modo eccessivamente “estremo”, in un senso o in un altro, con i propri dipendenti. Tuttavia questa volta credo proprio che farò un’eccezione.

In un periodo storico in cui la WWE professa di voler andare avanti a tutti i costi al fine di “mettere un sorriso sul volto della gente”, ogni mossa di PR sarebbe stata messa in modo particolare sotto scrutinio, analizzata in modo maggiormente puntuale rispetto al solito: d’altronde, WWE ed AEW stanno professando l’essenzialità di uno sport di contatto in un periodo di distanziamento sociale, creando un ossimoro che è impossibile ignorare. Proviamo ad entrare nelle ultime settimane di Vince McMahon, dunque.

Portata a termine in modo tutto sommato tanto pregevole quanto testardo Wrestlemania, Vince ha avuto modo di dedicarsi al suo indomabile unicorno, la XFL. Se in senso generale VKM può senza dubbio essere definito come un genio spietato e visionario, per quanto concerne l’esperimento XFL, invece, il suo fiuto per gli affari deve essere stato occluso da un’allergia stagionale reiterata: fallito il primo esperimento, a distanza di 18 anni Vince ci ha riprovato, per poi dover (causa Covid ma non solo) chiudere nuovamente battenti e dichiarare bancarotta. E qui, il primo scivolone.

A Febbraio, Vince in una delle sue investors’ call ha sottolineato ancora una volta come WWE e XFL fossero due entità distinte e separate: peccato, come emerso una volta consegnati i documenti per la bancarotta, che una parte non poco considerevole delle azioni della lega di Football fossero proprio di proprietà della WWE. Di certo di questa piccola omissione dovrà rispondere durante la prossima teleconferenza: la settimana è poi proseguita con un altro simpatico risvolto.

Dopo aver riscontrato varie difficoltà durante i tapings al PC, in quanto le operazioni stavano continuando ma in un clima molto borderline osservato da vicino da parte delle autorità locali, in Florida (uno degli stati maggiormente colpito negli states dal Covid) salvificamente e tempestivamente tutte le attività sportive con un pubblico nazionale divengono tutto d’un tratto essenziali. Un tempismo oserei dire abbastanza sospetto.

Pochi giorni dopo, apprendiamo che la America First Action super PAC di Trump stanzierà quasi 20 milioni di dollari per lo Stato della Florida, e che il Presidente in persona ha nominato il nostro amato Vince come una delle persone chiave per la futura ripresa economica degli States. Per puro caso, la presidentessa della summenzionata Agenzia Governativa altri non è che la moglie del Chairman WWE, Linda: anche qui, una casualità davvero sospetta.

In questo clima di colpi di PR abbastanza ben assestati, Vince decide di mettere la ciliegina candita su questa Sacher di sterco: una serie quasi senza precedenti di licenziamenti in un periodo in cui, diciamocelo, la paura di perdere il proprio lavoro è piuttosto forte. Certo, la WWE è un’azienda e come tale deve pensare prevalentemente all’utile (soprattutto alla luce dell’emorragia monetaria che sta colpendo trasversalmente un po’ tutti) tuttavia anche la tutela del capitale umano potrebbe (anzi dovrebbe) essere una priorità in questo momento: la Compagnia di Stanford, infatti, andrà a risparmiare 700mila dollari al mese (non 4 milioni come erroneamente riportato, questa cifra dovrebbe comprendere anche i risparmi dovuti alla rinuncia a muovere gli uffici presso altra struttura), una cifra considerevole ma pienamente sostenibile da un mastodonte con accordi televisivi multimilionari. Certo, i soldi degli Emirati Arabi potrebbero venir meno ma non credo proprio che la WWE possa versare in una condizione di difficoltà assoluta in senso lato. Detto ciò, vorrei dilungarmi leggermente su uno dei licenziamenti nello specifico.

Tanti, tantissimi i wrestler di talento rilasciati dalla WWE (qualcuno come Rusev, ad esempio, credo che abbia chiesto la rescissione contrattuale) e struggenti alcune delle reazioni, su tutte quella di Drake Maverick, un vero e proprio strazio emozionale. Tuttavia non è di lui che voglio parlare oggi.

Il caso di Zack Ryder è uno dei maggiori atti di prepotenza, tracotanza e discrasia interpretativa della storia del wrestling. Messo sotto contratto nel 2005, Zack inizia la sua carriera nel main roster dopo due anni di militanza nella OVW (territorio di sviluppo al tempo) nel 2007. Sino al 2009 farà parte degli Edgeheads, assieme a Kurt Hawkins, spalleggiando uno degli heel di punta della federazione, Edge per l’appunto: una volta terminata questa avventura, Ryder torna da singolo nella ECW (lo ricorderete per i pantaloni solo per metà a gamba lunga) con la sua valletta, Rosa Mendes, divenendo una sorta di personaggio alla Jersey Shore. Questo character non troverà mai grande fortuna, e Ryder viene dunque bollato come talento da midcard, buono solo per beccarsi qualche pin dal face/heel di turno bisognoso di una vittoria veloce. Da qui, la svolta.

Zack Ryder è stato l’inventore di un nuovo modo di far wrestling, quello che conosciamo oggi. Non promosso o messo in evidenza dalla federazione, Zack riesce ad andare over investendo su se stesso, creando una seguitissima Youtube series (Z! True Long Island Story) creando un format, quello della auto-promozione tramite canali internet. Nessuno prima di lui ci era riuscito, nessuno mai prima di lui era riuscito ad andare over in WWE non essendo neanche proposto televisivamente dalla Federazione stessa. Da qui, un vero e proprio sabotaggio.

La WWE, non capendo come mai un tale brocco potesse essere tifatissimo nelle arene globali, acclamato da giovani, grandi e vetusti, fa l’unica cosa possibile: cerca di usare questa trazione spontanea per mandare ancora più over il suo face di punta, John Cena, all’epoca contestato come mai prima e mai dopo. Ryder viene coinvolto in storyline ridicole con triangoli amorosi, proposto come la spalla non normodotata di Super John, divenendo il Crilin per il loro personalissimo ed odioso Goku. Anche lo show, prima libero e creativo, diviene “proprietà” della WWE (così come tutti i social attuali dei suoi talenti, dove i contenuti sono censurati o veicolati): Ryder era riuscito da solo a “mettere un sorriso sui volti della gente” e la sua immagine venne di tutta risposta opacizzata e resa un monito, affinchè nessuno potesse pensare di poter andare over senza il consenso dei poteri superiori. Don’t be a bully, be a star.

Ryder avrà altri momenti importanti nel corso della sua carriera, ma non sarà mai più popolare come nel 2011: l’occasione auto creatasi diviene un fardello, un peso, una cicatrice che non si chiuderà mai. Ryder manterrà sorriso e determinazione sino al suo ultimo giorno di contratto, dimostrandosi professionale come pochi altri prima di lui: chissà cosa sarebbe potuto diventare se non fosse stato troppo avanti con i tempi rispetto ad una macchina molto poco tendente all’innovazione, almeno 10 anni fa.

Come scritto da Cody Rhodes poche ore dopo il suo licenziamento, il futuro per Ryder sarà chiaro e roseo: in AEW effettivamente potrebbe avere quell’occasione che, a 34 anni, potrebbe davvero essere l’ultima per un atleta integro ma di certo non verdissimo. Staremo a vedere intanto…

…take care, spike your hair!