Ancora tu? Ma non dovevamo leggerti più!!!

Ebbene si. A distanza di piú di sette mesi, ho il piacere e l’onore di tornare a scrivere di una delle mie passioni piú grandi, il pro wrestling. Concedetemi solo un paio di righe per contestualizzare i motivi della mia forzata assenza. Per motivi di lavoro la mia vita ha subito un cambiamento piuttosto radicale (per i prossimi 4 anni saró ospitato dalla tiepida Alemagna) e dunque, non avendo la possibilitá di seguire gli show con costanza e solerzia, ho preferito astenermi dallo scrivere diffusamente di argomenti vari, per non “impoverire” un sito a cui sono molto affezionato e per rispetto nei confronti della principale ragione sociale di ZW…ossia tu che leggi in questo momento.

Dopo qualche mese di assestamento, e dopo un breve confronto con il mio socio Giovanni, a cui faccio un personale “break your leg” per la nuova carica apicale nel sito, ho deciso di riprendere questo mio piccolo svago, scegliendo come personalissimo campo di battaglia letteraria NXT, uno show che seguo attentamente sin dalla sua primissima genesi come talent/reality show.

NXT, se analizzato con attenzione, è qualcosa di unico nel suo genere, pur essendo essenziale nei suoi punti di forza. La durata di un’ora rende lo show nella migliore delle ipotesi delizioso e nella peggiore delle ipotesi tollerabile, l’ambiente intimo del performance center crea dinamiche interessanti ed efficaci tra pubblico e talenti, “coccolati” da un contesto familiare, la figura del GM è presente ma assolutamente non invasiva ed infine le storyline a lungo termine, semplici e ben studiate, culminano sempre al momento giusto, ossia nei vari Takeover sparsi nel corso dell’anno solare. Non l’invenzione della ruota, ma qualcosa di talmente semplice e basilare da poter essere definito come infallibile.

Il problema principale dello show giallo, se di problemi è opportuno parlare, è la sua condizione ibrida, oscillante tra anticamera di lusso per performer giá pronti ad essere spediti nel main roster (Black, Cole, Gargano, Young) e la sua originaria natura, ossia quella di territorio di sviluppo per talenti in attesa di essere affinati (Ember Moon, Shayna Baszler, Cien Almas e similari) o addirittura strutturati (gli AoP, The Iconic Duo, Velveteen Dream su tutti). A causa di questa formazione cosí eterogenea e dinamica del roster, si va incontro inevitabilmente a periodi ciclici, con cali sensibili nella qualitá del prodotto in occasione di call up importanti e fisiologiche riprese quando ai “nuovi” talenti viene data la possibilitá di emergere.

In questo mio primo editoriale di “ripresa”, come riscaldamento, mi piacerebbe puntare il dito su quattro talenti abbastanza diversi tra loro, che nel giro di un paio d’anni potrebbero occupare posizioni decisamente apicali nei due roster principali della federazione…e vorrei conoscere la vostra opinione in merito, con i vostri “big four” da cui partire per rinvigorire show giá solidi per quanto concerne l’upper midcard e non sempre stellari per la zona main event. L’ordine non è casuale, mind that.

 

1. Adam Cole, Bay Bay. Sveliamo subiti gli altarini, in modo da poter giocare chiaro. La somiglianza con Shawn Michaels (anche nel look e nel manierismo, dunque la cosa è fortemente voluta da atleta e produttori) è tale che, pur non facendo assolutamente nulla, questo performer ha giá un coefficiente nostalgico che lo rende over con chi, come me, ha profondamente amato HBK in tutte le sue varie forme e versioni. Detto ció, l’ex membro dei Future Shock, assieme all’ex tag team partner Kyle O’Reilly ed il compagno di merenda Bobby Fish potrá di certo dire la sua nei piani alti, anzi, altissimi del main roster.

2. Alistair Black. Un’entrata da superstar. Un look da superstar. Uno stile di lotta da superstar. Carente al microfono? Ottimo, basta farlo parlare poco, elemento che va ad incastonarsi in modo perfetto nell’aria mistica e misteriosa che il suo personaggio DEVE avere e mantenere. Qui parliamo di un talento assoluto, di un main eventer fatto e finito che, una volta nel main roster, sará capace di stregare il pubblico con le sue entrate gotiche e le sue finisher ad alto impatto. Il match con Velveteen Dream, cosí come tutta la storyline a monte, merita di essere annoverato nell’olimpo dei match meglio riusciti e congegnati della storia recente di NXT e non solo. A proposito del suo compagni di tango…

3. Velveteen Dream. Dopo Tough Enough, per il ventenne Patrick Clark Jr. si sono aperte le porte del paradiso per ogni giovane e talentuoso appassionato con un sogno. Giá dallo show la sua passione per il prowrestling e le sue capacitá in ring (era uno dei pochi a sapere come prendere un bump senza ammazzarsi) erano evidenti, e nel corso dello scorso anno (a soli 22 anni) è stato capace di far suo un personaggio dalle sfaccettature complesse e controverse rendendolo mai comedy e sempre credibile. In aggiunta, cosa sempre troppo sottovalutata nonostante alcuni performer ci abbiano costruito su intere carriere (Orton, Petey Williams, Billy Kidman), la sua finisher (diving elbow drop) ha una forma di esecuzione a dir poco perfetta.

4. Shayna Baszler. Unica, semplice, funzionale, letale. La sua gimmick della regina di spade non nasce oggi, ma affonda radici profonde negli albori della sua carriera nelle MMA (questa ragazza è considerata da sempre una pioniera, ed a ragion veduta), quando nei vari face off dopo la cerimonia del peso usava “lanciare” la mortifera carta simbolo di dolore ed invidia sulla malcapitata…probabilmente, se avesse esordito nelle MMA 6 anni dopo, il suo successo sarebbe stato planetario. Sul ring i suoi progressi sono evidenti, il suo stile di lotta si adatta alla perfezione a quello delle avversarie ed il suo look è decisamente accattivante. Wait and see.

E´stato un piacere tornare su queste pagine, spero di non avervi annoiato troppo: scrivere questo articolo è stata un’esperienza mentalmente piuttosto rinfrescante. Appuntamento alla prossima settimana, stay frosty.