Quella piccola e “gioiosa macchina da guerra” che è la NWA prosegue la sua corsa solitaria sulla strada tracciata dalla prima puntata di Powerrr e da quel match valevole per il titolo assoluto tra Aldis e Storm che ha tracciato una linea.
Poi, inevitabilmente, la foga di voler mostrare tutti i talenti ti mette nelle condizioni di essere il peggior nemico di te stesso, facendo un po’ di confusione e non permettendo l’evoluzione dei character della tua compagnia.
La suddivisione face e heel avviene in pochi secondi come si faceva una volta il che è una gran cosa, vista l’unicità della scrittura dello show, ma per alcuni casi, almeno nelle prime puntate, si sono ereditate “storie” del passato.
Intendo come i personaggi peschino a piene mani dai rispettivi passati tra WWE e TNA. Ci sarebbero possibili soluzioni alternative? Ovviamente no, stiamo parlando di uno show che quando raggiunge i sessanta minuti ci ha mostrato tantissimo, molto più (in termini quantitativi) rispetto agli standard concorrenti. Addirittura, la terza puntata non raggiungeva i cinquanta minuti sul canale YouTube.


Se un problema similare lo ha la magnifica AEW, figurarsi la minuscola NWA, che ha annunciato il suo ppv “Into the Fire” che verrà trasmesso su FITE per il prossimo dicembre. 
Un ulteriore passettino silenzioso tra le compagnie più rilevanti del panorama degli Stati Uniti. Trovarsi nella condizione di underdog rispetto a WWE, AEW, Impact e ROH, pone la NWA veramente in una condizione di libertà. L’impostazione del wrestling-studio che richiede una capacità di intrattenitori superiore a quella di wrestler è la componente che diversifica il prodotto.
La NWA non offre il wrestling migliore del pianeta e neanche quello migliore degli Stati Uniti; ha voluto immedesimarsi negli anni Ottanta non solo nell’estetica dei promo, ma anche nel livello qualitativo dei match.


Io non so quanti di voi abbiamo vissuto l’epoca del wrestling che più o meno si può collocare tra il 1985 e il 1995, ma i più esperti, ricorderanno come i match fossero sostanzialmente molto simili tra loro, molto compassati e con mosse al limite dell’assurdo. In questo piattume pochi wrestler hanno infiammato i cuori e fatto strabuzzare gli occhi, parlo di gente come Randy Savage, Ric Flair, Bret Hart, Ricky Steamboat, Shawn Micheals e pochi altri.
L’attuale NWA prende l’eredità di quei nomi è la “normalizza”. Oggi lo standard dei top wrestler mondiali è talmente alto che comparato ai top di quel decennio, questi ultimi risultano semplicemente normali, ma si tratta pur sempre di nomi e carriere che hanno alzato l’asticella della qualità in maniera così netta, che negli anni successivi ci sono stati pochi altri che hanno avuto lo stesso impatto in questo senso.


Non si tratta di intuizioni geniali di Corgan e compagni di avventura, l’intuizione geniale è stata solo una, quella di rimettere in pista il wrestling-studio, tutto il resto, sia i difetti, sia le cose buone sono venute di conseguenza.
Al momento le storyline sono in fase embrionale, ho paura che si arriverà al ppv, anche se a metà dicembre, un po’ corti con i tempi. Siamo ancora nella fase uno, ovvero quella di presentazione del roster, la fase due dovrà essere in grado di presentare almeno 3-4 rivalità accese. Mi auguro soprattutto in zona main event, ho le stesse orride sensazioni di un certo periodo della TNA dove tutto funzionava tranne il campione assoluto e i relativi sfidanti. Vedremo.