Le stable nella storia del wrestling sono tutte più o meno uguali, cambia il nome, cambiano i componenti, cambiano i valori che le tengono unite, ma sostanzialmente le grandi stable sono tutte più o meno simili. E tutte le grandi stable di successo della storia del wrestling moderno condividono lo stesso identico destino: l’ascesa, la popolarità, la noia, lo split.
La mia idea di wrestling, superata la fase infantile fatta da Ultimate Warrior e Hulk Hogan a Wrestlemania 6 su TelePiù 2, si è formata vedendo (o tentando di seguire visti i pochi mezzi dell’epoca) show in cui le stable erano più di una e in molti segmenti addirittura ridondanti e superflue; ma tant’è, altri tempi.


Il concetto di stable è decisamente più intrinseco del wrestling giapponese rispetto a quello nordamericano, ma il fascino che attirano ancora oggi le stable negli show a stelle e strisce, è a mio avviso immutato.
Le stable che sono state croce e delizia di Vince McMahon, capaci di grandissime fortune in ogni senso e di sontuose rotture di scatole da gestire dietro le quinte. E dato che il wrestling è un prodotto ciclico che non inventa niente di nuovo da decenni, abbiamo passato dopo il periodo dell’Evolution, in WWE un lungo periodo di magra.
Ma la gente ha dimostrato di essere letteralmente affamata di stable, ci siamo appassionati ai mediocri Nexus una decina di anni fa circa, alla grande popolarità della NJPW che è cresciuta intorno al Bullet Club, mentre facciamo la doccia facciamo il “boom” di Adam Cole e le taunt dell’Undisputed Era, insomma la voglia di una grande stable dominante è tanta.
La AEW ha colto, a mio avviso, questo vuoto creativo impostando da subito gli Inner Circle che oltre a raccogliere forze intorno a Chris Jericho, hanno anche la funzione di strizzare l’occhio ai tempi d’oro delle stable nella faida infinita contro gli Elite. Anche le più piccole ROH, MLW e NWA hanno fatto lo stesso.


Io che ho amato le grandi stable del passato, che alla fine hanno devastato Nitro e quasi ammazzato Raw, vissuto questo vuoto di quasi di due decenni, adesso ho nuovamente voglia di vedere una grande stable nel main event della WWE, come molti.
Dopo un tentativo bruciato con gli Authors of Pain, adesso Seth Rollins ha al suo fianco in maniera stabile Murphy e Austin Theory. Due nomi, come i precedenti, molto vicini ai gusti di internet, non a caso ovviamente. Con Smackdown hanno iniziato a proporre con regolarità, da contrapporre a Otis, un segmento ad hoc per questa tipologia di fan. Noi praticamente. Nakamura vs Styles, Gulak vs Bryan etc.
La WWE sta virando dolcemente verso internet, senza troppi proclami, non in maniera decisa, ma con una attenzione che non rimane ristretta al solo NXT. Stable heel dominante composta da nomi amati da internet, pronta a prendersi il suo posto nel main event di Raw, che nel frattempo interagisce con Aleister Black (gradite pure lui, giusto?). Una silenziosa rivoluzione che ci fa piacere, tutelando contemporaneamente il pubblico generalista e under 12 con Otis e tutto il resto.


Seth Rollins e i suoi ragazzi guideranno la riscossa dei ratings post emergenza Covid, questo è sicuro; troppo interessanti, troppo atteso per Drew McIntyre che merita una faida vera e in condizioni normali per essere promosso o bocciato con le giuste condizioni.
Vi parlo di Seth Rollins non essendo mai stato un grande estimatore del suo lavoro in WWE, ma è innegabile ed oggettivo che questo sia il miglior Seth Rollins possibile e all’apice della sua carriera fisicamente e di maturità (ovviamente relativamente agli standard della WWE), lui è la scelta giusta sicuramente, su Murphy e Theory nutro ancora qualche dubbio, ma indubbiamente il personaggio del Messia non aiuta a lasciare spazio ai comprimari, su questo ed altro la WWE dovrà lavorare molto bene; senza esagerare e obbligarmi a scrivere tra qualche mese che Seth e soci ci stanno facendo morire di noia.