La scorsa settimana avevo ragionato sulla differenza tra l’interbrand e il monobrand. Avevo spiegato che la soluzione migliore fosse la seconda, perché in questo modo ogni show avrebbe potuto avere un suo preciso focus. Anche a discapito della qualità generale, ma almeno non ci sarebbero stati dubbi su quale fosse il versante verso il quale la WWE si sarebbe sporta di più.

In questo momento Smackdown ha in dote sia i titoli di coppia che i titoli mondiali della federazione. La Bloodline ha dominato le due categorie, si è fatta garante di dare al brand blu il meglio che si potesse desiderare. Ma forse non basta. O meglio, sicuramente non basta visto quello che vedremo ad Hell In A Cell.

Nel momento in cui scrivo, con una puntata televisiva ancora da mandare in onda, Smackdown ha 0 match per il ppv. Sei incontri sono stati annunciati, nessuno di questi vede impegnati wrestler del brand blu o persino difesa una cintura. Si dirà che la “colpa” è stata di Naomi e Sasha che hanno deciso di lasciare, ma mentre a Raw la soluzione è stata trovata facilmente (ed era già in essere), a Smackdown è stato più complicato costruire qualcosa.

La sensazione è che tolto Roman Reigns, il brand blu sia diventato uno show di serie B. Godibile quanto si vuole, ma la WWE sta facendo capire che oltre la questione titoli c’è davvero poco su cui dibattere. Non mancano i talenti. Non mancano le storie. Ma forse non sono reputate abbastanza “forti” da essere proposte poi in ppv. Almeno per ora.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.