La Wrestlemania di quest’anno è stata probabilmente la più prospettica della storia, immediatamente dopo la prima edizione di questo importantissimo brand. Un evento senza pubblico, silenzioso, che ha avuto tanti momenti di assoluta sorpresa in special modo dal punto di vista creativo: complici anche le bassissime aspettative della vigilia (cosa più unica che rara per WM), questa edizione è riuscita nel più importante degli obiettivi, quello di stupire ed appassionare.

Prima di approfondire il “core” di questo editoriale, un paio di bullets sul Grandaddy Of ‘em All. Il Triple Threat Ladder Match è stato uno dei migliori incontri televisivi di quest’anno, in buona parte grazie a John Morrison ed alla sua prestazione maiuscola, mentre il match tra Charlotte e Rhea Ripley può essere annoverato tranquillamente come il miglior incontro lottato per psicologia e ritmo della contesa: chiunque pensi che l’ex Campionessa NXT possa uscire ridimensionata da una sconfitta contro la più grande wrestler della storia (e chi sostiene il contrario sino a ieri probabilmente seguiva un posto al sole anziché RAW e Smackdown) probabilmente non ha messo nel calderone lo status di Charlotte, lo spessore del match e la potenziale star making performance della Ripley in caso di riconquista…senza contare che ora anche Io Shirai è un fattore da tenere in considerazione. Altre note positive il volo di Owens, la vittoria di Otis (che sarebbe stato il pop più assordante di WM), gli altri due incontri femminili e la brevità dell’incontro di Goldberg, che Zeus piacendo potrebbe finalmente godersi la meritata pensione. Note meno liete, Edge Vs Orton e Corbin Vs Elias, rispettivamente il match più noioso e quello più brutto della storia degli 1 vs 1 maschili a WM: chiunque in fase di editing ha deciso di lasciare questa contesa a 36 minuti dovrebbe semplicemente cambiare mestiere. Poi qualcosa di nuovo.

I cosiddetti “match cinematici” non sono qualcosa di innovativo in senso assoluto. In WWE, per dirne una, possiamo annoverare l’House of Horrors match tra Wyatt e Randy Orton, un’aberrazione inaudita, uno dei miei peggiori incubi, una vaccata fatta di noia, trattori, frigoriferi e tanto cattivo gusto. Anche lo scontro tra il New Day e la Wyatt Family (in risposta a quanto di buono stava facendo Matt Hardy in TNA) può tranquillamente essere annoverato come una delle peggiori idee della storia recente, una schifezza che nemmeno un bimbo di 8 anni avrebbe potuto creare e concepire. Spostandosi in TNA, ovviamente la Final Deletion, Tag Team Apocalypto e The Great War sono stati tre piccoli capolavori (soprattutto il primo), che hanno allungato di almeno 8 anni la carriera di Matt (non vi è nulla di nuovo in questa nuova incarnazione del suo personaggio ed ancora campa di rendita essendo comunque molto divertente e prendendosi ben pochi bump) per poi passare a Lucha Underground, che ha fatto degli elementi cinematici una parte integrante dello show, una sorta di prolungamento logico (seppur fantasioso) dell’azione in ring in senso stretto. Ma torniamo all’attualità.

La prima volta che ho visto Taker Vs Styles nel Boneyard Match ho pensato, per dirla alla De Sica, “Ma che è sta cafonata?”. Ad una seconda visione più attenta, invece, ho apprezzato la natura volutamente trash ed over the top: sembrava quasi una scena finale di un action movie anni 80, con l’eroe in inferiorità numerica che, dopo essere messo in difficoltà dal cattivo grazie ad espedienti furbeschi, riesce a trionfare in modo piuttosto decisivo. Nel caso di specie, possiamo contare almeno un teletrasporto ed un’emanazione semi spontanea di fiamme esplosive da parte di Taker, che nonostante il look da Badass mantiene ancora qualcuno dei suoi poteri sovrannaturali. In soldoni, una ventina di minuti spesi in modo leggero, con rischio zero per il becchino ed 1 per Styles, tanta musica metal in modo celebrativo, tombe, esplosioni, druidi e bare: l’alternativa sarebbe stato un match probabilmente gradevole visto lo spessore e la statura non eccessiva di Styles, ma quanto male avrebbe fatto ad un Undertaker in condizioni più che precarie da anni oramai? Quanto avrebbe fatto male anche un solo bump al becchino? Per quanto mi riguarda, si potrebbe tranquillamente proseguire con Boneyard Matches ogni anno almeno per un triennio, prolungando la forza mediatica della presenza di Taker a WM senza però esporlo in modo eccessivo. Riguardatevi Taker Vs Goldberg, o i Brothers of Destruction Vs DX e capirete che il fatto che il becchino possa oggi camminare sulle sue gambe è un vero miracolo. Ma passiamo al pezzo forte.

La Firefly Funhouse, il FF Match, la FF edizione straordinaria: chiamatela come volete, ma è il pezzo di produzione made in WWE più intelligente, complessa ed intrigante che io abbia mai visto. Un capolavoro al livello della Pipebomb, tuttavia fatto esclusivamente per il pubblico distante (l’unico presente in modo paradossale) apprezzato senza meno da persone con un livello di comprensione dei riferimenti minimo e letteralmente adorato da chi, come i più smaliziati, possono raccogliere ogni piccola mollichina di pane lanciata da Wyatt. Quest’ultimo, devo ammetterlo, sul quadrato è un paracarro ma in tutto ciò che è ad esso ancillare è un vero e proprio fenomeno generazionale.

Avete mai provato a spiegare la FF di Wrestlemania ad un amico, ad uno spettatore occasionale, alla vostra ragazza? Nell’ultimo caso ponetevi delle domande prima che se le ponga lei. Scherzi a parte, proviamoci assieme: Bray Wyatt, “ucciso” dal punto di vista creativo a causa di una sconfitta pesantissima subita per mano di Cena, da vita al suo odio, alla sua frustrazione, al suo autolesionismo creando The Fiend, un alter ego al quale tutto è concesso. Dovessi definirlo meglio, The Fiend è il figlio del rimpianto, degli errori fatti, del passato che è impossibile cambiare. Una bugia.

Caratteristica cardine degli heel, è quello di avere una percezione di se stessi ed una disillusione folle, inverosimile, corrotta. The Fiend, da questo punto di vista, è l’incarnazione dell’heel perfetto: la Funhouse è una materializzazione della disillusione, un inganno, una falsa promessa. A questa promessa Cena ha ceduto nel momento stesso in cui ha accettato la sfida mossa da Wyatt, nel momento stesso in cui ha accettato di entrare nella sua dimensione. Cena è diventato quella promessa mancata, il suo passato riscritto dai suoi più aspri critici, i suoi errori messi al pubblico ludibrio.

Cena torna nel 2002 (straordinario come a distanza di 18 anni sia pressoché intonso fisicamente) con lo stesso attire, e risponde alla open challenge di Kurt/Bray: cerca invano di colpirlo, Bray lo sbeffeggia tirando anche in ballo il suo più recente fallimento, Nikki Bella, per poi sparire nel nulla. Cena poi passa varie fasi di questo girone infernale, catapultato negli anni 80 e paragonato ad altri lottatori privi di talento ed in possesso solo di un fisico anormale, per poi tornare ad essere il Doctor of Thuganomics e viene tacciato di usare le debolezze altrui per completare la sua scalata in WWE. In questa fase, Bray lo stordisce con la sua catena, proprio come Cena fece contro Big Show a WMXX nella vittoria del suo primo Titolo, quello USA: la prima vittoria, la pietra miliare dell’ascesa di John è un espediente, un imbroglio. Bray poi costringe Cena a rivivere il momento in cui, nel loro precedente scontro a WM, si rifiutò di colpirlo con una sedia divenendo ciò che avrebbe potuto essere, un heel come Hogan leader della NWO: Cena, estenuato e confuso da questo viaggio distorto, in cui la verità raccontata non è quella assoluta ma solo quella del suo giudice, giuria e boia, cede e cerca di colpire Wyatt. In quel preciso istante, John perde: cede all’odio, si sottomette all’incarnazione del rimpianto. Bray svanisce e The Fiend compare, e le parole di Cena che profetizza che a Wrestlemania avrebbe esposto la superstar più sopravvalutata della storia diventano l’ultimo gesto di scherno, l’ultimo epitaffio sulla pietra tombale. Un capolavoro, di una complessità e di un fascino unico.

Bray Wyatt ha dei limiti palesi, fatti da un’incomprensione del suo character da parte di chi lo amministra (luci rosse ed altre corbellerie) e da un ritmo in ring a dir poco soporifero. Solo Bryan è riuscito, anni orsono, a tirar fuori un match più che passabile da questo performer. Lo si allontani, dunque, da cinture, da match, da main event: si ritagli per lui una dimensione a parte, in cui il match cinematico può si essere usato ma non abusato, per mantenere quella scintilla di unicità così affascinante.

Ecco, la WWE non deve strafare come ogni benedetta volta che si trova per caso qualcosa di figo per le mani: il match tra Hargano e Ciampa, per dirne una, ha lasciato molto a desiderare per esecuzione ed originalità.

Ansioso di sentire la vostra, sono l’unico a pensare che la Funhouse sia stato l’espediente più intelligente e creativo della storia almeno recente della WWE?