Di solito in questo appuntamento mi occupo di SmackDown. Esattamente 12 mesi fa, in questa stessa settimana, la WWE smantellava quell’incredibile apparato tecnologico chiamato ThunderDome. In occasione dell’episodio di Raw del 12 luglio, infatti, si chiudeva (speriamo) per sempre, l’era ThunderDome. SmackDown di venerdì 16 luglio 2021 è stato il primo show della ripartenza, quello che segnò il ritorno degli spettatori sugli spalti, eccezion fatta per WrestleMania, che era stata celebrata con un numero ridotto di spettatori qualche mese prima.

Certe cose ti accorgi che ti mancano solo quando ormai è troppo tardi. Prima della pandemia davamo il pubblico per scontato. Certo c’erano tribune più calde e partecipative e altre più fredde e distaccate, come quelle che siamo abituati a vedere in oriente, eppure la reazione c’era sempre, che fosse un applauso, un coro, fischi, sorrisi, lacrime.

C’è vita oltre il ThunderDome?

Personalmente ho sofferto molto l’assenza del pubblico sugli spalti e per quanto oggi sembri quasi folle il concetto del ThunderDome, di certo ha aiutato la WWE a ridare ai suoi show questo elemento così importante. Ho provato l’esperienza del ThunderDome, come molti di voi, da tifoso, e non era certo memorabile. Il tifo in diretta era divertente ma alla fine diventava più una gara a fare le mosse più visibili e simpatiche per essere inquadrato che non una genuina reazione a ciò che accadeva. Se al varo del ThunderDome la WWE prevedeva di mantenere la tecnologia anche dopo il ritorno del pubblico per creare un servizio a pagamento di partecipazione agli show a distanza, oggi nessuno ne parla più, perché in effetti l’esperienza non era esattamente memorabile.

Ma di cose all’interno di quell’arena ne sono successe. Più di quelle che ricordiamo.

SummerSlam 2020 è stato il primo PPV disputato all’interno del ThunderDome. Proprio in quell’occasione abbiamo visto il ritorno di Roman Reigns, che si era preso una pausa durante i primi mesi della pandemia. Un momento storico, a suo modo, perché segnò l’inizio di un cruciale turn heel da parte di quello che sarebbe diventato il Tribal Chief della WWE. Uno dei momenti più fighi di questa ascesa fu l’I Quit match tra Roman Reigns e Jey Uso a Hell in a Cell.

Il ThunderDome è stato anche la sede di alcuni momenti assurdi, come il Firefly Inferno match tra Randy Orton e The Fiend a TLC 2020. Il momento in cui The Fiend prese fuoco all’interno del ring è rimasto nella storia del trash del wrestling e sicuramente ce ne ricorderemo ancora a lungo.

Un altro momento interessante, in chiave femminile, è stata la rivalità tra Sasha Banks e Bayley. Le due ragazze, prima proposte come amiche inseparabili e poi come nemiche, arrivarono finalmente allo scontro in una rivalità degna di quanto le due fecero già ad NXT diversi anni prima.  

Ci furono poi alcuni ottimi match. Quello che ricordo con maggior piacere è stato il ladder match a tre tra AJ Styles, Sami Zayn e Jeff Hardy. A Clash of Champions 2020 ci fu un match molto particolare con uno sviluppo degno di nota. Il primo contendente era Sami Zayn, che si proclamava campione non avendo mai perso il titolo durante la pausa che si era preso durante la pandemia. Il secondo ad avanzare pretese sul titolo era AJ Styles, che aveva perso il titolo a SmackDown ma che poi sconfisse per squalifica Hardy proprio per l’intervento di Zayn. A Clash of Champions i tre diedero vita ad un gran bel match.

Tra i momenti storici che mi fa piacere rievocare metterei anche la vittoria di Edge alla Royal Rumble 2021, con il campionissimo canadese che prima abbraccia l’amico-rivale Christian, tornato sul ring a sorpresa. Di altri momenti importanti ce ne sono stati tanti: l’addio di Undertaker a Survivor Series con le leggende ad accoglierlo, l’incasso di The Miz del Money in the Bank ai danni di Drew McIntyre al termine dell’Elimination Chamber match, la vittoria del titolo da parte di Bobby Lashley la settimana successiva. Drew McIntyre ebbe probabilmente il periodo migliore della sua carriera proprio tra gli schermi luminosi del ThunderDome.

La migliore pessima idea che si potesse avere

Di certo ha fatto fare bella figura alla WWE con i network e con gli investitori. Per come funzionano queste cose, vedere che la WWE si impegnava per mitigare l’assenza del pubblico è stato un segnale importante. Come appassionati magari questi dettagli tendono a non interessarci, però dobbiamo tenerne conto. Inoltre la WWE, aveva bisogno di un modo per giustificare l’uso di cori e suoni registrati di sottofondo. Quel tipico ambiente da stadio che siamo abituati a sentire durante gli show con un pubblico. Non volendo assolutamente proporlo dentro uno stadio chiuso, il varo del ThunderDome ha fornito alla WWE quel pretesto per poter finalmente utilizzare i suoni registrati, che ufficialmente venivano mixati a quelli prodotti dai fan collegati in diretta. Ed incredibilmente, il risultato non era tanto male. Il pubblico, in qualche misura, sembrava tornato.

Il ThunderDome, con i suoi cori registrati ed il suo tifo “orientato”, era anche un modo per nascondere i problemi di certi wrestler. Per quanto la WWE possa -infatti- pushare un wrestler in cui crede, alla fine c’è un solo giudice: il pubblico. Durante l’era ThunderDome -invece- la parola del pubblico era molto vaga, sopita. Oltre ai cori registrati, per sua natura il ThunderDome non poteva mai vedere il pubblico discostarsi dalla linea WWE. Per funzionare utilizzava -infatti- una sorta di coordinamento con uno speaker che spiegava cosa stava per succedere ai fan e gli diceva che reazioni avere. Frasi tipo “Adesso ricorderemo tizio, è un momento importante, applaudite” oppure “Sta per entrare Lacey Evans, fischiate”. L’interazione con il pubblico, inoltre, era molto limitata. Seppure i wrestler potessero rispondere ai cori, di solito passava un po’ di tempo prima che arrivasse la risposta del pubblico.

Il ThunderDome è la sintesi perfetta dei pregi e dei difetti della WWE. Una compagnia così grande per la quale la soluzione più semplice, a volte, non viene nemmeno considerata. La sua corsa a dimostrare di essere una realtà moderna, ricca, competitiva, nasconde forse un complesso di inferiorità rispetto agli altri grandi player dello sport americano. La WWE vuole fare notizia, vuole dimostrare di essere grande e di valere quanto l’NBA o la NFL. Per questo spesso delle soluzioni tranquille, ovvie, come quella presa dalla AEW di introdurre pochi tifosi paganti al Daily’s Place durante la pandemia non è stata mai attuata.

Eppure, non lo chiamerei un fallimento. Il ThunderDome ci ha regalato per mesi l’illusione che fossimo tornati di fronte ad un pubblico. Chiudendo gli occhi per un istante ci sentivamo tornati indietro, in quella normalità di cui sentivamo tanto la mancanza. Il silenzio del Performance Center era terribile, il surrogato di pubblico che introdussero dopo era ancora peggio. Riesco perfettamente a ricordare l’imbarazzo del muto Performance Center durante i primi mesi di pandemia. Se penso ad alcuni eventi topici di quei mesi, come i match di Edge ed Orton o l’annuncio della gravidanza di Becky, ricordo perfettamente il silenzio che circondava quei momenti. Quando penso al ThunderDome, invece, no. Chiudo gli occhi e non riesco a distinguere se intorno al ring ci fosse un pubblico festante o degli schermi led. Il ThunderDome è stato tanto odiato ma ha contribuito a rendere un po’ meno tristi quei momenti così difficili. E forse è proprio questa la magia del ThunderDome ed il motivo per cui, in fondo, non è stata un’idea così malvagia.