Lo rivedo il "piccolo" Samoa Joe al fianco di quel marpione di Kevin Nash. L'ex nWo lo prese sotto la sua ala per insegnargli come si fa a vincere nel business chiamato wrestling. Chi meglio di lui, che tra forti amicizie e astuzia contrattuale, aveva ricevuto più di quel che ha dato? Joe si era affidato al migliore sulla piazza. 

Poi il 13 aprile del 2008 il sogno divenne realtà: campione del mondo. In ritardo, netto ritardo. Perché Joe era già pronto nel 2006 quando in un anno si era letteralmente preso la scena della Impact zone e aveva ridotto tutti ai suoi piedi. Due motivi lo bloccarono: l'effetto AJ Styles, che risultava un perfetto inseguitore ma anche un campione anonimo; e l'effetto crescita, per cui là davanti ci dovevano stare tutti gli ex WWE più Sting e Jarrett. Eppure Joe era pronto, ma al Bound For Glory 2006 venne inserito in un buon Monster's Ball Match. Era pronto ma forse non abbastanza. 

Passano due anni con un 2007 altalenante, poi se lo piglia Nash (in storyline) e tutto gira. Joe arriva al titolo sconfiggendo Kurt Angle, sembra il momento adatto ma la paura si fa strada: da campione non rende. Non per colpa sua ma di un team booking che continua a lavorare solo sugli ex WWE mentre il campione viene quasi relegato in un angolo. Dopo due mesi Joe si incazza, litiga con la dirigenza e dice addio al titolo. Per sempre. 

Da quel momento in poi diventa un peso, un ex campione che va tenuto sulla cresta ma ormai ha perso la carica iniziale. Non è più il toro scatenato degli inizi, non più la "Samoan Submission Machine". È un wrestler qualsiasi, ex campione ma qualsiasi. Va tenuto perché il pubblico lo vuole ma risulta un problema anche per la sua influenza nel backstage. Passa sei anni a navigare in ogni settore della card, vince tutti i titoli possibili, ha regni da campione anonimi, bookati male. Fa parte di mille e più storyline sconclusionate, che iniziano ma non terminano, che non sanno dove andare, cosa fare. Joe ci mette del suo: accetta tutto ma è triste, svogliato, talvolta fuori forma. Sembra non gli importi tornare in alto. 

Poi saluta tutti. Ha accettato qualsiasi cosa dopo quello screzio. Ha pagato dazio ma nessuno lo ha voluto premiare. Ha gioito delle vittorie altrui, e dentro il magone di quel che sarebbe potuto essere e non è stato. Si guarda attorno, riflette. Il Giappone è troppo lontano, le indy interessanti seppur poco avvincenti. La WWE. Sì la WWE, che idea. Anche NXT che sembra una figata. Joe accetta, dopo dieci anni è in WWE. 

Non ero felice per il Joe wrestler quando passò ad NXT. Non so davvero dove collocare un atleta che dieci anni fa era IL fenomeno ed ora una lercia copia di se stesso. In WWE ci sono i soldi ma non le scelte adatte: inizia e non termina un feud con Owens, sembra debba andare contro Balor e niente, vince una coppa di semplice rappresentanza e quando torna il suo turno per il titolo… vi mandano un altro (bravo uguale, più giovane, più atletico). In pratica non vive nulla di nuovo rispetto alla TNA, mantenendo sempre quella confusione, quel peso che rappresenta. A 36 anni nemmeno la WWE sa cosa fargli fare. 

Sarà difficile passi a breve nel main roster e vi passi per fare successo. Il suo ruolo pare lo stesso di Rhino, finché non scadrà il contratto e lì si vedrà che fare. Un peccato, perché la TNA e Joe stesso hanno buttato tanto di quel talento che sarebbe valso un nuovo eldorado del wrestling. 

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.