Negli scorsi giorni è impazzata su Facebook una disputa riguardo l’attuale posizione di Roman Reigns nel main roster. È il campione, non l’atleta più bravo, forse nemmeno uno di quelli più interessanti, prende fischi ovunque nonostante il suo ruolo sia quello del babyface. A suo favore è intervenuto Andres Diamond: ovvero un ex talento cristallino del wrestling italiano, capace di autentici match spettacolari e attualmente impegnato come dj e commentatore di wrestling su Sky.

Il ragionamento di Diamond non è sbagliato e lo sostenni anche io qualche tempo fa: la WWE deve avere il coraggio di proseguire la strada intrapresa, anche se il pubblico lo fischia. Non importa se 10 o 20 spettatori se ne vanno per protesta durante il suo match in un house show, importa che la volta successiva tornino e continuino a rimpinguare le casse della federazione. Un buon modo per far intendere l’avversione a Reigns sarebbe quello di uscire in massa durante i suoi match o di non presentarsi agli show, a costo di perdersi anche un intero grande spettacolo.

Il problema principale è che oggi Reigns non è più sostenibile. Non è colpa sua, lo hanno pushato in un modo tale che il pubblico ha reagito di rigetto. Quel pop assurdo alla Rumble contro Batista ha fatto girare la testa a McMahon, ma ormai l’attimo era perso, saltato. Oggi passarlo a heel sarebbe la soluzione ideale ma forse non quella decisiva. È la soluzione che fa risorgere le quotazioni di John Cena che, per il dodicesimo anno di fila, può presentarsi come il top face di turno. Non è colpa di Reigns, che qualcosa la sa fare anche se al microfono pecca enormemente. Pecca nel carisma, nella capacità di trascinare il pubblico, di dargli l’impressione di chi comanda. Non era pronto ed ora si trova a metà del guado con una cintura che pesa parecchio.

Ma quanti nella storia hanno saputo essere dei big man performanti, bravi a sostenere qualunque tipo di sfaccettatura? Io ricordo benissimo Sid Vicious/Justice: alto, grosso, lento, incapace a fare un promo (memorabile quando, in diretta a Nitro, chiese alla regia di tagliare l’ultima parte del suo promo. Ma essendo in diretta….), incapace a dimostrare qualcosa, fare match ricordabili, vendere le mosse senza dare la meccanicità del colpo, avere un minimo di carisma… eppure si tratta di un 4 volte campione mondiale pesi massimi, due volte in WWF.

E che dire di Kevin Nash? Il Big Sexy del wrestling che un giorno ha rapito Torrie Wilson e nella puntata successiva ha fantasticato chissà quali imprese sessuali. Abile giocatore nel backstage, ha appreso tutto dai maestri Shawn Micheals e Hulk Hogan: ha vissuto di rendita per anni pur non essendo una cima sul ring, non ha match particolarmente ricordabili né regni titolati che rimangono nella storia in senso positivo. Aveva però il carisma del grande e grosso e credibile che poteva riempire di powerbomb (fatte male) i cattivoni di turno. Non una cima, ma uno ricordato.

Goldberg ad oggi viene ricordato come scarso. Peccato che non fosse così: abile nella lotta a terra, venne limitato a quelle 3/4 mosse di rito che mandavano in visibilio il pubblico. Piaceva soprattutto la combo spear – jackhammer, a riprova del fatto che le combo abbiano sempre formato campioni. Dal suo lato, si ricordano diversi match importanti (con DDP avvenne più volte il “capolavoro”) e regni meno esaltanti per la costruzione. Ma quando piazzava la spear aveva bisogno di poche parole, fomentava il pubblico in maniera pazzoide. Il suo essere indistruttibile ha portato i fan a volerlo sempre come face, impossibile averlo heel con quel modo di lottare.

Brock Lesnar ha provato ad essere il Goldberg di questo millennio ed in parte ci è riuscito. Una partenza fulminea, una gestione da pollo (quando Heyman lo tradì con Big Show) e un ritorno in pompa magna, con uno stile monotono ma tale che mettesse kappao chiunque. Ha sempre avuto bisogno di un interprete, interpretando così il ruolo del bulletto senza cervello che nei film americani spalleggia il cattivo di turno. Stessa storia per Big Show sul quale però si è ricamato sin da subito, cercando di mostrarlo come un discendente dei grandi del wrestling. Non abbiamo suoi match ricordabili, bensì tanti turn e tante storyline a volte piene e a volte vuote.

Batista avrebbe dovuto ricalcare la strada di Lesnar, ma ad oggi sembra il maestro di Reigns: non eccezionale sul ring ma dotato di una combo pazzesca (spinebuster – sitdown powerbomb), mandato al punto giusto sul trono ma in seguito rovinato dalla necessità di farlo parlare troppo e dargli avversari ormai sgonfi. Al ritorno dall’infortunio ha perso l’appeal del 2005, il carisma da cecchino silente e un team booking che lo utilizzasse al meglio. Nel 2014 abbiamo visto come del passato non esista più nulla.

Reigns dunque paga soprattutto errori non suoi. Sarebbe come far mangiare ad un bambino una pappa che disdegna: te la sputerà o vomiterà addosso. Bisogna lavorarci piano piano e ragionare su come smuovere l’antenna per i canali: Reigns heel è l’unica soluzione possa esser plausibile or ora. Altrimenti che lo si rimetta con lo Shield al fianco, magari il pubblico cambierà idea. Ma dubito.

Giornalista professionista ed esperto di comunicazione, dal dicembre del 2006 è redattore di Zona Wrestling. Negli anni è stato autore di rubriche di successo come il Pick The Speak, Wrestling Superstars, The Corey Side, Giro d'Italia tra le fed italiane, Uno sguardo in Italia, Coppa dei Campioni, Indy City Beatdown e tante altre. Il primo giornalista in Italia ad aver parlato diffusamente di TNA ed AEW su un sito italiano di wrestling.