Tutto comincia e finisce con una fotografia. Un angolo speciale per un Professional Wrestler. Quell’angolo che ti prende da bordo Ring, inquadrandoti dal basso verso l’alto, mentre le luci dei riflettori disegnano il tuo profilo esaltandolo. Sembra un dio, mentre muove il passo verso il centro del quadrato, con qualche capello che scende a coprire parte del suo viso, il sudore che perla la sua pelle e mette in luce un fisico con poco di umano e tanto di gladiatore. Splendido come una mela rossa. Congelato come un frutto che affronta un viaggio. Marcio dentro.

Se quella foto fosse stata scattata durante le riprese di un film, sarebbe stata la copertina perfetta per descrivere la vita di Billy Graham, che di soprannome, e come no, faceva Superstar.

Era un uomo fuori dal comune, una talento smisurato nel curare il suo corpo, e una mente piena di idee. Prese l’ispirazione, e il cognome, da un altro innovatore, che però non fu capito e cadde nel dimenticatoio. Lui no, Billy Graham, riuscì nell’impresa di congiungere due mondi, due universi, due epoche della disciplina. Un Wrestler che aveva capito che il mondo cambiava, e decise di cambiare e cambiarlo con lui. Capelli biondi, tante parole, più azione e soprattutto colori. Tanti colori.

Mentre la Superstar diventa qualcosa, qualcuno, di importante, attorno a lui comincia a crearsi un vespaio di copiature. E’ il processo dell’innovazione, quel processo che gli darà il giusto riconoscimento soltanto troppo tempo dopo, quando ormai non c’era più il cuore, il cervello e nemmeno il fisico per goderselo. Intanto saranno Hulk Hogan, Jesse Ventura, e chissà chi altro, a diventare le icone di un movimento che spopolerà, uscendo dalla nicchia e diventando un fenomeno mondiale.

Billy Graham, come disse Triple H, è probabilmente la fonte che ha ispirato più Wrestler di chiunque altra, e lo sa bene Triple H, perché uno di quegli ispirati era proprio lui. Eppure è pian piano caduto da un trono mai stato davvero suo. Se fosse nato qualche anno prima, forse, non avrebbe ispirato nessuno, ma se fosse nato qualche anno dopo, adesso staremmo parlando di un altro fenomeno, staremmo parlando di un nome noto a tutto il globo.

Invece la sua luce si è spenta poco a poco, insieme al suo corpo. Una vita, e sono troppe, consumata dall’idea di successo e dalla poca consapevolezza. Un fortino impenetrabile e allo stesso tempo fragile, che mentre mattone su mattone si costruiva fuori, cellula dopo cellula si distruggeva dentro.

Gli steroidi distruggono prima la sua virilità, rendendolo sterile. Mettono fuori uso il suo fegato, costringendolo a un trapianto. Poi, col passare del tempo, gli tolgono anche le forze, gli massacrano lo scheletro. E’ costretto a sei operazioni alle anche, perché le sue ossa avevano assunto talmente tanta schifezza, che si frantumavano come il guscio di un uovo vecchio secoli.

Fosse morto a 30 anni, sarebbe passato alla storia come la più classica delle leggende belle e dannate, invece e morto a quasi 80, e troppo poca gente sa davvero che cose c’è dietro, sia nel bene che nel male. Quindi ancora una volta ci provo, nel mio piccolo, a dare il giusto tributo a uno che ha dato i natali a un personaggio che ha ispirato il più iconico dei Wrestler, che ha ispirato, nel mondo del Wrestling, ciò che oggi, noi tutti, siamo abituati a considerare di ognuno di coloro che salgono sul Ring: la Superstar.

Perché lui era, è e resterà per sempre, l’unica, autentica Superstar.

Direttore di Zona Wrestling. Appassionato di vecchia data, una vita a rincorrere il Pro Wrestling, dal lontano 1990. Studioso della disciplina e della sua storia. Scrive su Zona Wrestling dal 2009, con articoli di ogni genere, storia, Preview, Review, Radio Show, attualità e all'occasione Report e News, dei quali ha fatto incetta nei primi anni su queste pagine. Segue da molti anni Major ed Indy americane e non.